Patrice Evra ha incontrato il calcio professionistico a Marsala nel '98, Serie C, poi ha giocato per cinque anni in Costa Azzurra prima di realizzarsi campione nella Premiata Ditta Manchester United fra il 2006 e il 2014. Chi l'ha portato alla Juve - Marotta o Paratici - non ebbe applausi ma compassionevoli sorrisi. Oggi Patrice - che oltre ai piedi ruvidi ci mette anche una mente fina - è l'anima dell'ultima Signora, insieme ai Ragazzi del Coro, quelli che ispirano ai tifosi una filastrocca all'antica: «Buffon, Barzagli, Bonucci,Chiellini...», proprio come si cantava «Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Morini, Scirea» o anche - scusate l'intromissione di ricordi felici - «Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi...» e «Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli». (Aspetto fiducioso, previa rinuncia al turnover, che Sarri, signore del 4-3-3, inauguri la canzone del suo Wonder Team «Reina, Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam, Allan», dolendomi peraltro del fatto che solo in fondo al Napoli c'e' un italiano, Insigne). Ho preso l'avvio da Evra perché gli ho sentito dire la più felice e sintetica definizione del calcio nostrano: «In Inghilterra il calcio è piu' uno show... Se tatticamente non sei bravo non puoi giocare. Qui hai più bisogno di intelligenza che di talento...». Se poi - aggiungo io - metti il talento al servizio dell'intelligenza, non il contrario, il gioco è fatto. È la Juventus che cerca di affidare alla sua storia la seconda “manita” tricolore, da Carcano a Allegri, da Combi a Buffon, l'Imbattuto da 836 minuti, ormai a un soffio dal record di Zoff (903). La Juve - si puo' pensare quel che si vuole - è l'espressione più genuina del calcio italiano innanzitutto perchè ne riassume le caratteristiche essenziali, a cominciare dall'impronta tattica riassunta nel ritornello difensivo di cui sopra e nell'ormai famoso detto bonipertiano - sull'imprescindibile necessità della vittoria - che scandalizza gli esteti e i qualunquisti; poi ci vuol poco a scoprire che le Nazionali più belle e vittoriose erano ampiamente juventinizzate (esclusa quella del Trentotto, creata da Vittorio Pozzo alla fine del mitico quinquennio bianconero) come l'Italia di Bearzot, Lippi e Conte, grazie anche alla tendenza tricolore del club che ingaggia sì fuoriclasse stranieri ma ha sempre un corpus italico, come dire che il core business aziendale è tendenzialmente azzurro. Come vedremo presto, agli Europei. Alla prova-scudetto, dunque, la miglior difesa contro il migliore attacco. Chi vincerà? Do ragione a Evra: l'Intelligenza.