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“Bud Spencer” Cannavacciuolo

Andrea Fagioli sabato 25 maggio 2024
Di sicuro il titolo lascia poco scampo e le immagini iniziali della sigla ancora meno, ma se i ristoranti raccontati da Cucine da incubo (il giovedì in prima serata su Sky Uno) erano davvero così prima dell’intervento di chef Cannavacciuolo non restava che metterci i sigilli, e non tanto perché fossero sull’orlo del fallimento quanto per l’inettitudine e persino la volgarità di titolari e inservienti. C’è da augurarsi che, vista la presenza delle telecamere, siano tutti attori credibili sia pure improvvisati. I primi due casi di questa decima stagione ci hanno presentato la disastrosa situazione del “Rifugio del ghiottone”, ristorante italo-cubano di Scarlino Scalo in provincia di Grosseto, e quella non meno disperata di un locale di Tursi, in provincia di Matera, “Il limoncello”, seminascosto dietro un distributore di benzina e con la porta principale d’ingresso bloccata perché da tempo si è persa la chiave. Sul posto, come sempre, arriva Antonino Cannavacciuolo, sette stelle Michelin: dapprima assaggia alcuni piatti del menù che si rivelano spesso molto scarsi per non dire pessimi; poi osserva lo staff al lavoro in cucina e in sala; infine, in base ai problemi emersi, da quelli finanziari a quelli conflittuali interni, riorganizza il lavoro, le portate, fa ristrutturare il locale e soprattutto rimotiva proprietari e dipendenti. Trattandosi di un programma tv, di un cooking show anche se di natura un po’ diversa dagli altri del genere, tutto va preso con beneficio d’inventario. La stesso Cannavacciuolo funziona come personaggio televisivo in quanto tale, non certo per la sua indiscussa professionalità nell’arte culinaria, favorito anche dalla stazza e da quel modo schietto e falso burbero di presentarsi, con relative forti pacche sulla schiena di malcapitati camerieri e ristoratori, tanto da farlo apparire come una sorta di Bud Spencer dei fornelli. © riproduzione riservata