Bosetti: perché i laici fondamentalisti hanno perso con furore di idee
Il paradosso è questo. Dobbiamo accettare un'uguaglianza "davanti alla legge" delle idee e di chi le sostiene (se sono idee e non incitamento al crimine). Ma d'altra parte, per non cadere in una abulica indifferenza, pericolosa sia per la mente che per la democrazia, ognuno deve anche credere che la propria idea sia più vera e più giusta. Esistono diversi gradi di fede, secondo gli oggetti a cui la fede si rivolge. La fede in Dio non è equiparabile alla fede in una teoria scientifica o in un modello di società.
Giancarlo Bosetti, direttore della rivista "Reset", ha pubblicato Il fallimento dei laici furiosi (Rizzoli), un ottimo saggio che ho letto con sollievo. In queste pagine un liberale e laico ben temperato, lettore di Isaiah Berlin, prende spietatamente di mira i suoi vicini di casa, i laici fondamentalisti, quelli che sognano di sradicare ogni religione dalla testa degli umani e dal pianeta Terra, e che credono di dimostrare con la matematica che Dio non esiste. «I laici hanno fallito» scrive Bosetti «perché tendono a pensare (") che un mondo senza religione e senza credenti sia migliore». Secondo Bosetti invece le religioni sono una risorsa che rende le culture umane più vive e plurali. Che cosa sarebbe un mondo globalizzato senza differenze di identità e radici religiose?
Il problema nasce però quando anche il laico più aperto tende a considerare le fedi religiose come semplici parti di un insieme culturale superiore (la liberaldemocrazia occidentale moderna). Si accetta cioè il cristianesimo senza crederlo vero. Ma per un credente nessuna Costituzione vale i Vangeli. Nessun Cesare vale Dio. Ciò significa che mentre la fede può modificare lo Stato, quest'ultimo non può riformare la Chiesa. La verità è, sì, nel dialogo. Ma il dialogo diventa falso se non c'è conflitto fra idee diverse credute vere.