Boschi, una risorsa da riscoprire
I problemi sono altri. Ad iniziare dal fatto che, a causa dell'abbandono crescente, si sta rischiando di rimandare al mittente i fondi stanziati per l'uso efficace del patrimonio boschivo. Basta pensare che l'Unione europea, nell'ambito delle risorse destinate ai Piani di sviluppo rurale (Psr) gestiti dalle Regioni, ha stanziato, per il 2007-2013, la somma di 1,9 miliardi di euro per le misure forestali. Ma dal 2007 ad oggi sono stati spesi appena 386,1 milioni di euro, pari al 19,39% del totale. Certo, c'è chi si è comportato bene spendendo adeguatamente i fondi messi a disposizioni (come Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli, Toscana), ma c'è anche chi non è arrivato ad utilizzare nemmeno il 10% delle risorse europee. Per esser chiari, occorre puntualizzare che non sempre è colpa dei privati o delle istituzioni. È necessario, infatti, tenere conto di un apparato di leggi che viene definitivo dalla cooperazione «generalmente inadeguato», un modo gentile per dire che chi vuole impegnarsi nella gestione forestale deve confrontarsi con procedure lente, farraginose e costose.
Il risultato è semplice: le nostre imprese sono in difficoltà di fronte alla concorrenza estera, tanto che l'Italia è ormai diventato il maggior importatore europeo di legna da ardere. L'industria italiana del mobile – dice ancora Fedagri – pur potendo contare sull'81% della superficie boschiva disponibile al prelievo di legname, senza intaccare il patrimonio vegetale e la biodiversità, importa per il 90% il legno dall'estero. Né, d'altra parte, sembra essere avviata la filiera energetica basata sull'uso di biomasse legnose, che potrebbe portare non solo ad indubbi benefici ambientali, ma anche ad una valorizzazione nella gestione del patrimonio forestale nazionale. Insomma, il cosiddetto sistema agro-forestale potrebbe dare molto al Paese, ma occorre metter mano all'apparato burocratico, alle leggi, ai vincoli che lo circondano. Qualcuno prima o poi dovrà rendersene conto.