Mercoledì scorso, nel presentare il volume di Sabino Caronia, L'ultimo sorriso di Beatrice (Edilet, pagine 272, euro 17,00), che comprende saggi su dodici poeti e su dodici prosatori, avevamo scelto, fra i poeti, Salvatore Quasimodo. Oggi, fra i prosatori, privilegiamo Jorge Luis Borges a cui è dedicato il saggio che dà il titolo al libro. Borges era anche un grande poeta, ma qui Caronia si concentra sul Borges saggista, in particolare sul suo amore per Dante. Il saggio era originariamente apparso in"Studi Cattolici" (luglio-agosto 2006) e la ricorrenza del settimo centenario della morte di Dante, che dappertutto viene celebrato, gli conferisce nuova attualità. Borges ha le carte in regola come dantista: ha dedicato al Sommo Poeta ben "Nove saggi danteschi", pubblicati nel 1985 da Franco Maria Ricci, editore e amico italiano privilegiato dal supremo argentino. L'angolatura scelta da Caronia riguarda propriamente la scarsità dei contatti reali del poeta con l'amata Beatrice: un paio di incontri a distanza per strada, un sorriso di cortesia e un sostanziale rifiuto di Dante da parte di Beatrice Portinari, sposata giovanissima con Simone de' Bardi. Un celebre quadro di Henry Holiday immagina l'incontro di Dante con Beatrice, accompagnata dall'amica Vanna, sul Ponte Santa Trinita a Firenze (1883). Morta Beatrice ventiquattrenne, Dante sublima il suo non corrisposto amore facendo di lei l'ispiratrice che i secoli trasformeranno in archetipo. Caronia dà il nome a una Beatrice borgesiana, Beatriz Elena Viterbo: in una nota per l'edizione americana dell'Aleph, Borges riconosce che Beatriz Viterbo «è esistita veramente e io ero perdutamente innamorato di lei. Ho scritto il racconto dopo la sua morte». L'amore in absentia è tipico di molti grandi poeti, da Leopardi a Montale, per fare due nomi. Montale conobbe brevemente Irma Brandeis a Firenze negli Anni Trenta: con il nome di Clizia ne fece la sua ispiratrice maggiore a cui sono dedicate Le Occasioni (1939): con le iniziali I.B. nella prima edizione e col nome completo nelle successive. Anche Maria Luisa Spaziani, la "Volpe" montaliana, la più terrestre delle sue ispiratrici, ricordata con nome e cognome in acrostico nella poesia "Da un lago svizzero" in La Bufera e altro (1956), non sembra che ci siano state particolari intimità: nelle lettere di Montale alla "Volpe", che la Spaziani ha venduto al Fondo manoscritti dell'Università di Pavia, il poeta chiede qualche spiegazione su parole inglesi (la Spaziani era anglista), o cose del genere. La Spaziani sposò nel 1958 Elémire Zolla, ma il matrimonio durò solo un paio d'anni. Perfino con la moglie, la "Mosca" (Drusilla Tanzi), il poeta fu reticente, fino agli appassionati e teneri "Xenia" di Satura (1971), dopo la morte di lei. Bisogna dunque concludere che il vero amore è unilaterale o, ancor meglio, immaginario? È un paradosso, ma lambisce la verità. Molto acute sono anche le considerazioni di Caronia su un totem prediletto da Borges: lo specchio. In linea con gli psicanalisti, Caronia vede «il volto della madre come precursore dello specchio». E in Borges la presenza materna è molto intensa, come la ricorrenza del numero nove che rimanda ai mesi della gestazione.