Boom di bollicine italiane a dicembre
Occorre poi anche tenere conto di un altro aumento: quello dello champagne, nostro eterno concorrente. Ma, precisa sempre l'Ovse, «saranno solo 3,7-3,9 milioni le bottiglie straniere». Stime di dettaglio sono difficili, potrebbero però essere stappate circa 48-50 milioni di bottiglie Prosecco, 10-11 milioni di metodo tradizionale classico, poi 6 milioni di Asti.
Ciò che vale di più è la ricerca di certezze. Spiega Giampiero Comolli, da sempre a capo del Ovse-Ceves: «C'è un crollo delle etichette poco note e non chiare nell'origine e nella marca, anche se copie di note». Intanto, secondo l'Ovse-Ceves, quella che viene chiamata "biodiversità spumantistica nazionale" si arricchisce in 2 anni di 120-140 etichette delle aziende vitivinicole a sud degli appennini tosco-emiliani. Indice di vivacità, ma anche di una situazione che va gestita. Si tratta di un "patrimonio eccezionale, che tuttavia ha anche forti difficoltà di penetrazione, di conoscenza, di destinazione ampia. Sono produzioni di nicchia che restano tali, ma valorizzano ospitalità, accoglienza». E non solo, perché viene anche fatto notare come «gli spumanti d'Italia siano sempre più attrazione, buongusto e bellezza per i turisti stranieri».
A conti fatti, l'enologia spumantistica italiana vale, dice l'Ovse, una bilancia export e un contributo al Pil di non poco conto: 2,2 miliardi di euro all'origine che diventano 6,1 al consumo finale. Su tutto vale, comunque, quanto dice Matteo Lunelli, a capo di Ferrari e presidente di Altagamma, che commenta: «Il successo degli spumanti italiani ha dietro non solo una grande tecnica produttiva, collegata alla diversità dei territori, ma anche un non comune sforzo di valorizzazione del prodotto». Che è come dire: vincere costa sempre fatica e impegno.