Bisogna saper vincere (e pure arrivare secondi)
Domenica 11 luglio è il giorno che stavamo aspettando non solo da quindici anni, ovvero dall'ultimo successo della nazionale di calcio, ma soprattutto da diciotto terribili mesi pieni di dolore, di sconforto, di lacerazioni. Il primo giorno in cui il nostro Paese si è dimostrato felice e completamente unito come, davvero, non succedeva da tempo. Felice e unito da un ragazzo dai modi straordinariamente gentili come Matteo Berrettini, interprete di uno sport (apparentemente) individuale e poi da una squadra di calcio senza superstar. In realtà le meravigliose immagini di mamma, papà e fratello e allenatore di Matteo costantemente cercati delle telecamere, non sono forse rappresentazioni di una squadra?
Il team Berrettini e la Nazionale di calcio hanno scritto la storia sportiva del Paese proprio grazie a quella dimostrazione di unità e desiderio di raggiungere, insieme, un obiettivo. Abbiamo allora assistito a due vittorie perché quella contro i tuoi avversari sul campo, non è l'unica delle vittorie possibili e, verrebbe da dire, neanche la più importante. Vincere contro i propri limiti, resta la vittoria vera che, talvolta e come effetto collaterale, si manifesta nella vittoria contro qualcun altro. Certo, viene da pensare: sarebbe stato tutto uguale se il rigore di Marcus Rashford, colpendo il palo, fosse entrato? Beh, la differenza sarebbe stata, forse, di dieci centimetri, ma il cammino, lo sforzo, l'impegno sarebbero stati del tutto uguali, senza dubbio. Tuttavia le nostre piazze, domenica sera, sarebbero state desolatamente vuote. L'insegnamento dell'11 luglio sia allora questo, grazie a due vittorie premiate con due medaglie di colore diverso: bisogna sapere vincere e saper arrivare secondi conservando la ricchezza e la bellezza del cammino e il valore dell'essere una squadra.
Un promemoria? L'immagine di Daniele De Rossi, grande campione e oggi dirigente, che porta sulle sue spalle Leonardo Spinazzola verso la sua squadra che sta festeggiando. Sullo sfondo, sul prato di Wembley, le stampelle di Leonardo, che in questa impresa ha lasciato un tendine di Achille. Non lasciare nessuno indietro, ecco cosa significa essere una squadra.