Biologico: l'Italia punta a quota 30% dei campi
Sfida nella sfida, quindi. Tanto che in un recente incontro sul tema organizzato da Nomisma, Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, non ha avuto difficoltà a spiegare che il vero obiettivo non è solo produrre di più ma «aprire un confronto con gli altri attori del settore, con le Regioni e il Ministero affinché il biologico, come punta più avanzata dell'agroecologia, possa offrire soluzioni innovative anche per il resto dell'agricoltura e raggiungere gli obiettivi della Farm to Fork di riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici e del 50% dei pesticidi di sintesi chimica». Gli strumenti per fare bene, in realtà, dovrebbero esserci, e più di prima con la nuova Politica agricola comune (Pac). «Il biologico è uno dei punti di forza su cui l'Europa sta puntando», ha sottolineato nello stesso incontro Paolo de Castro, ex ministro italiano dell'agricoltura e uno dei padri dell'attuale nuovo corso europeo più attento agli aspetti ambientali e occupazionali dell'agricoltura. Sempre De Castro ha poi aggiunto: «L'Italia è leader a livello mondiale e l'obiettivo del 25% delle superfici è una ambizione possibile, essendo oggi già vicini ad una incidenza del 16%. Il Piano Strategico di Azione deve approfittare della vocazione biologica italiana per fare sempre più bio in Italia e limitare le importazioni di bio non comunitarie».
Biologico, dunque. Ma non solo. L'agricoltura che non fa uso di prodotti chimici di sintesi va di pari passo con quella di precisione e più in generale con l'intera trasformazione delle tecniche di produzione alimentare sempre più orientate verso una maggiore compatibilità ambientale. Il problema dei problemi, tuttavia, è alla fine solo uno. Anche le aziende agricole sono imprese a tutti gli effetti e devono fare i conti con bilanci che necessariamente devono chiudere in positivo. Il traguardo di tutti, quindi, è conciliare ambiente con economicità della produzione.