Bimbi, ragazzi e digitale, l'inchiesta tv che spiazza
Arte è una rete televisiva franco-tedesca «a vocazione europea, di servizio pubblico». Un tempo si vedeva su Sky, ora la trovi gratis sul satellite, sulle smart tv o via web. Offre gratis un documentario dedicato a come gli schermi (Tv, videogiochi, ipad, smartphone etc) stanno influenzando la crescita dei bambini e dei ragazzi. Il titolo è: «Crescere davanti a uno schermo. Una generazione di malati?» (on line lo si può vedere cliccando qui).
So già che una larga parte di voi, partendo dalla propria esperienza quotidiana con figli e nipoti, si è già risposta in maniera affermativa: «sì, stiamo crescendo una generazione di malati». È una reazione comprensibile. Ma se vogliamo provare davvero a capirci di più del problema, dobbiamo superare i nostri preconcetti e fermarci 52 minuti. Cioè, il tempo della durata di questa video inchiesta. Firmata da Raphael Hitier è (volutamente) meno spettacolare di «The social dilemma», prodotto da Netflix. Non nasconde i problemi che l'impatto degli strumenti digitali hanno sulla vita dei bambini e dei ragazzi, ma al contempo mostra psicologi e scienziati che ammettono: «ci vogliono 20 anni per avere una ricerca seria sugli effetti di smartphone e tablet sui bambini, ma la loro diffusione massiccia è di soli 10 anni fa, quindi è troppo presto per avere risposte».
Quindi? Quindi, eccoci al Seattle Children's Hospital dove nel frattempo i ricercatori stanno studiando le reazioni dei topi a stimoli audiovisivi forti. «In America – spiega il documentario – il tempo medio davanti a uno schermo (tv compresa - ndr), entro i 12 anni è di 4,40 ore al giorno. Dopo i 16 anni sale a 6,40 ore al giorno». Cosa fanno i ragazzi in tutto questo tempo? Guardano soprattutto video (alla tv o sulle piattaforme) e poi, a seguire, usano WhatsApp, stanno sui social, usano i videogiochi e navigano sul web. «L'adolescenza è un momento critico per lo sviluppo del cervello» dice la voce guida dell'inchiesta. Ora siamo a Tulsa, nel centro di ricerca dello sviluppo sul cervello che ha organizzato lo studio ABCD che coinvolge 12 mila bambini, monitorati da 21 centri in tutta l'America. «Lo studio è appena cominciato ma abbiamo fatto già una prima scoperta» dice una ricercatrice. Quale? «Il cervello dei ragazzi che giocano tanto ai videogiochi ha la corteccia prefrontale, responsabile dello sviluppo emotivo e del processo decisionale, che si è sviluppata più velocemente rispetto agli altri loro coetanei». Seguono quattro secondi di silenzio. E poi: «Non sappiamo se sia un dato positivo, se i videogiochi ne siano la causa o se ai bambini con un cervello più sviluppato piacciano di più i videogame». Al termine dello studio (forse) avremo le risposte. Così come tante altre sugli effetti degli schermi sul comportamento, l'emotività e la capacità di concentrazione dei ragazzi. Interviene il direttore della ricerca: «Al momento, se nei vostri figli non notate seri problemi a scuola, a casa o con gli amici, non dovete preoccuparvi». Perché? «Perché, al momento, non abbiamo prove concrete che gli schermi siano un problema». Tutto bene, quindi? No. «Se, però, nei vostri figli – prosegue il ricercatore – notate cambiamenti legati all'ansia, alla rabbia o alla capacità di concentrazione, allora è il caso di intervenire».
Per questo le telecamere ci portano ora in un centro cinese che cura con la disciplina militare i ragazzi con seri problemi di dipendenza da videogiochi (ne soffrirebbe il 2,5% dei giocatori). Quando stiamo per tornare a dare la colpa al digitale, il documentario ci spiazza di nuovo: «Attenti, questi problemi di dipendenza spesso nascondono altri problemi che nulla, hanno a che fare con le tecnologie».
Il messaggio finale è chiaro: non siamo vittime della tecnologia, ma dell'uso che ne facciamo. E sul fondo resta la vera domanda: cosa ci spinge davvero (ragazzi e adulti) a passare così tanto tempo nel digitale?