Una regola non scritta dice che se conosci persone "belle", devi tenertele strette. Sono quelle che vedono spiragli di luce nel buio più nero, che sanno ascoltare, che chiedono: come stai? e poi aspettano la risposta. Se ne trovano, se ne trovano. Leggevo di Chris Froome, il campione di ciclismo nel cui palmarés ci sono quattro Tour, un giro d'Italia e una Vuelta, la corsa a tappe spagnola. Malgrado gli infortuni e i 36 anni, tanti nel suo sport, ha deciso di continuare a correre: la bici, spiega, è fantastica, «pedalare è un mestiere bellissimo». Certo, lui ha fama, successo, denaro, ma la fatica è fatica e ti stronca se la subisci soltanto. La differenza la fa passione e il modo di affrontare le avversità: se le sai vivere, allenano al bene non solo i muscoli, a partire dal cuore, ma anche la mente. Vale a ogni livello. Vicino a dove lavoro c'è un bar con il dehor. Il giovane dietro il bancone ha una malattia cronica e si alza prestissimo, ma non si lamenta mai. Tanto da fare per lui significa altrettanta allegria. «Ieri ho dovuto preparare cinque caffè per volta, mi sono divertito. Il mio mestiere è il più bello del mondo». Io, se posso, mi fermo da lui, specie quando il giorno gira storto. Una volta glielo dico: il suo sorridere alla vita è una scuola di meraviglia.