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Bianca Tarozzi Tradurre poeti fra arte e tradimento

Alfonso Berardinelli venerdì 28 aprile 2023
Ricchezza emoti-va, im-maginazione morale, perizia tecnica, forza di carattere, originalità tematica... Si arriva subito a questo se ci si chiede quali siano le qualità che negli ultimi trent’anni hanno distinto la poesia italiana di alcune donne e ne hanno fatto il meglio della nostra letteratura. Parlo soprattutto di personalità diverse come quelle di Patrizia Cavalli, Anna Maria Carpi, Patrizia Valduga, Bianca Tarozzi. Dietro la loro poesia ci sono intelligenza e passione, ma anche una cultura letteraria di prim’ordine, di cui molto spesso si sente la mancanza nella maggior parte dei poeti. Uno dei segni più chiari di una tale cultura letteraria è la loro attività di traduttrici. Patrizia Cavalli ha tradotto Shakespeare, Molière, la Salomè di Oscar Wilde: il teatro è una fondamentale e tipica dimensione della sua poesia, dei suoi monologhi dialettici e dialogici. Patrizia Valduga, il cui manierismo e virtuosismo formale nasce da un rapporto mimetico e medianico con la tradizione classica, senza la quale non potrebbe scrivere, ha tradotto la poesia più ardua, quella del “metafisico” barocco John Donne e il più perfettamente concentrato dei simbolisti, Mallarmé. Anna Maria Carpi, professionalmente germanista, ha tradotto le poesie di Nietzsche, di Gottfried Benn, di Hans Magnus Enzensberger: poeti intellettuali, se non filosofici, anche quando il movente è più o meno direttamente autobiografico. Ora Bianca Tarozzi, professionalmente anglista e americanista, ha appena raccolto le sue traduzioni in un volumetto uscito con l’editore Molesini di Venezia e con il titolo Imitazioni (pagine 159, euro 16,00). I poeti tradotti o imitati sono dodici, dai più antichi classici Thomas Wyatt e George Herbert a Shelley e Dickinson, Yeats, Bishop, Lowell, Larkin, Merrill... Ma perché Bianca Tarozzi parla di imitazioni più che di traduzioni? Il perché è nella difficoltà-impossibilità del tradurre poesia, non meno che nel perché un poeta ne traduce un altro: per puro piacere e poiché si cerca il proprio stile in quello altrui. L’amore per l’endecasillabo italiano, il piacere di farne uso, si sentono in tutte queste imitazioni. E poi tradurre è sempre un tradire. Il breve saggio, tutto da leggere, che conclude il libro è sia una confessione d’autore che una lezione di tecnica poetica. © riproduzione riservata