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Bello ma vecchio Il Milan impari dal giovane Arsenal

Italo Cucci venerdì 26 ottobre 2007
Non m'ero sbagliato,
prevedendo un bel Milan di Coppa dopo il naufragio del brutto Milan di Campionato. Sembrerà paradossale, ma l'Empoli sul campo è risultato più forte dello Shakhtar, Saudati
più pericoloso di Lucarelli. Dopo la penosa camminata contro gli indiavolati toscani, ecco la marcia trionfale scaturita dal confronto con gli ucraini. Sono dunque guariti, i rossoneri? La crisi è già passata? Riusciranno ad imporsi, domenica, sulla zoppicante Roma? Giuro che non sono questi gli interrogativi che intendo affrontare: resto dell'idea che la prima fase della Champions sia di gran lunga meno impegnativa del nostro faticosissimo torneo. Non escludo - anzi ne son convinto - che quel gruppo di Signori del calcio abbia ormai la mente impegnata sull'Europa e sulla Coppa Intercontinentale, nonostante l'insegnamento di Ancelotti che ben conosce i rischi di ritrovarsi umile comparsa del campionato: tifosi e critici vogliono un Milan sempre e comunque di vertice, le polemiche feriscono, come dimostra la battutaccia di Galliani su Bierhoff («sogno ancora i suoi gol») male accolta dal tecnico: in verità, il Cantatore Calvo, i cui acuti da supertifoso s'alzano prodigiosi alla Scala del Calcio, potrebbe sostenere di aver pungolato alla riscossa, con quel confronto, l'Amaro Gilardino, finalmente scioltosi nel gol. Il Milan non può perdersi in queste bazzecole al compimento del ventunesimo anno berlusconiano. Cerchi di aggiudicarsi l'Intercontinentale, ma poi pensi al futuro stravolgendo l'attuale politica di bieca conservazione. E pensi giovane.
La pagina più bella della settimana di Coppacampioni l'ha scritta senza dubbio l'Arsenal, la cui recente storia dovrebbe esser modello per il nuovo calcio continentale che si accontenta, invece, di prendere per oro colato le «storiche decisioni» dei premier europei sulla «specificità dello sport». Per fortuna Michel Platini non è un allocco e si fida poco delle conclusioni del Trattato di Lisbona così simili a quelle del Trattato di Nizza, cioè inutili. L'Arsenal ha schierato una squadra di ragazzi prodigio che non solo hanno infilato sette gol allo Slavia Praga, ma hanno fatto spirare sull'Europa un vento di giovinezza e intelligenza. I supporters dei Gunners s'erano imbestialiti quando il magnate americano Stanley Kroenke s'era preso la loro squadra e aveva ceduto ai petrolieri arabi, demolendo il glorioso Highbury Stadium (dove ho goduto battaglie calcistiche memorabili) e ribattezzando il nuovo Emirates. E s'erano infuriati quando Thierry Henry era stato ceduto in estate al Barcellona. Adesso sono costretti a ricredersi. La squadra di Arsene Wenger, prima in patria e in Europa, dà spettacolo e tutti parlano di «quei ragazzi» facendoli protagonisti di una favola.
Guardate Theo Walcott: Eriksson se lo portò ai Mondiali di Germania e sbagliò solo a non farlo esordire: a 17 anni da compiere se avesse segnato un gol sarebbe passato alla storia. I gol, per fortuna, li segna ora, in una squadra
di giovanissimi che per l'Arsenal sono Gloria
e Oro. Dice Wenger che fino a ieri avrebbe sognato di far giocare nell'Arsenal Ronaldinho, oggi mai più. E mi fa dunque ripensare al Milan che sul brasileiro molto fumo e poco arrosto aveva puntato tutto, ripiegando poi
sul Ronaldo usato poco sicuro, come narrano i bollettini medici quotidiani emessi dall'ex Fenomeno. A Berlusconi piace la forza storica del suo Milan e mi piacerebbe consigliargli, nell'ora del tramonto rossonero (dico di questo Milan, naturalmente) di ripescare nell'album di famiglia una figurina ingiallita e forse dimenticata di un pedatore esemplare. Si chiamava Renzo De Vecchi, era milanesissimo, esordì in rossonero nel 1909, a 15 anni, nel ruolo di terzino: a 16 era già in Nazionale, a 19 un monumento. Per la straordinaria bravura fu definito "Figlio di Dio". Va bene, presidente, come identikit del futuro milanista?