In mancanza di nuovi miti convincenti, si ricorre ai vecchi. Nell'ultimo numero della "Lettura" cinque intere pagine sono dedicate alla famosa Beat Generation, che fra anni cinquanta e sessanta divampò in America e sedusse l'Europa. Era la generazione di scrittori coetanei di Marilyn e Brando, guidata da Jack Kerouac e Allen Ginsberg, nata nel rifiuto dell'America middle class, del calcolo economico e di ogni genere di normalità discriminatrice. Infiammata dall'ammirazione per Walt Whitman e Henry Miller. Nutrita di nomadismo, di anarchismo e di misticismi piuttosto malintesi perché mescolati con dosi massicce e regolarmente assunte di alcol e droghe. In Italia la Beat Generation trovò la sua candida vestale in Fernanda Pivano, che ci spiegò tutto sia dei due leader più carismatici del gruppo, già citati, sia di loro amici come Lawrence Ferlinghetti (di cui esce ora dal Saggiatore una raccolta di diari), Gregory Corso e William Burroughs. Ma il mito di quel gruppo, per essere ben compreso, va prolungato a una delle tradizioni dominanti nella letteratura americana, poiché già nell'Ottocento anche il pontefice dell'etica "trascendentalista" Emerson, e soprattutto il suo allievo Thoreau, erano attrati romanticamente dal Genio solitario, dall'India e dalla vita libera nei boschi. E Whitman precedette Baudelaire nell'invenzione di una poesia che voleva essere assolutamente moderna non in un cerebralismo molto parigino e nell'analisi delle angosce urbane, ma nell'improvvisazione salmodiante e nella fusione panica dell'individuo con le maree umane della prima democrazia moderna.
La Beat Generation fu vitalista, mentre era stata mentalista e culturalista l'altra tradizione americana, quella filo-europea: da Poe e Hawthorne a Henry James e Eliot (fino a Gore Vidal, John Ashbery, Susan Sontag). Per i vitalisti la vita vera era sulla strada, on the road. Per i mentalisti era nell'analisi infinitesimale degli stati di coscienza più morbosi e tortuosi. Molto americani e poco americani, sembrerebbe, sia gli uni che gli altri. Anticapitalisti e mistici, in modi opposti, tanto gli uni quanto gli altri.