Batter d'ali e canestri per farfalle d'Africa
Il sipario si alza il 16 maggio con dodici squadre che arrivano da Algeria, Angola, Camerun, Egitto, Madagascar, Mali, Marocco, Mozambico, Nigeria, Ruanda, Senegal, Tunisia in rigoroso ordine alfabetico. Il torneo si disputerà in una "bolla" anti-Covid, proprio come i cugini statunitensi fecero in Florida mesi fa. Il senso di questo progetto tuttavia è decisamente più ampio dello stretto significato sportivo e, nella fattispecie, cestistico. È un grande segnale da parte del continente africano, spesso terra di razzia di club occidentale alla ricerca di talenti di qualsiasi disciplina, di autodeterminazione e visione prospettica. Quella dello sport, infatti, è una delle tante risorse del continente africano troppo spesso depredate che oggi acquisisce (ancora una volta lo sport anticipa i tempi) una visione nuova che ha in sé un tema identitario e di prospettiva.
Non a caso tutto ciò succede in Ruanda, una nazione martoriata nel 1994 da uno dei conflitti più atroci della storia dell'umanità, quello fra le etnie Hutu e Tutsi, e naufragato nel sangue di un genocidio di oltre un milione di esseri umani. Alex Cizmic, proprio su questo quotidiano nell'ottobre 2019, aveva raccontato come uno dei motivi di rinascita di quel Paese fosse stato lo sport, descrivendo l'esperienza del movimento ciclistico ruandese, culminato addirittura con una candidatura per ospitare il Mondiale del 2025. Lo sport come strumento di rinascita di un Paese che oggi è un hub tecnologico per l'intera Africa, ha una solida economia, è perfino dotato di infrastrutture splendide come la Kigali Arena, un palazzo dello sport davvero senza pari per l'intero continente. Oggi il "modello Ruanda" vuole iniziare a contaminare (ricordiamoci che anche durante una pandemia, che c'è un significato positivo di questo termine) e proporre al mondo intero un modello organizzativo capace di scardinare un paradigma e superare il vincolo della consuetudine.
Se l'esperimento funzionerà, a maggior ragione in un momento così complicato per il pianeta, allora avrà davvero un impatto enorme sul mondo dello sport e (visto che, come già detto, lo sport anticipa i tempi) su tanti altri mondi, rispondendo positivamente a quella domanda: "Può, il batter d'ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?". Fu il titolo di una conferenza tenuta da Edward Norton Lorenz, matematico e meteorologo statunitense. Era il 1972.