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Bastasse la scuola di «scrittura creativa» per fare un romanziere da bestseller...

Alfonso Berardinelli sabato 2 aprile 2011
Alessandro Zaccuri nel suo editoriale di mercoledì scorso su Agorà commenta il titolo del mio libro Non incoraggiate il romanzo, definendolo perentorio. Suggerisco un diverso modo di pronunciarlo: a voce bassa, in un cortese tono di preghiera, come dicendo: «Non sarebbe male se gli autori di romanzi fossero meno numerosi e si dedicassero al romanzo persone di più chiare attitudini alla narrazione lunga e complessa». Ma sarà difficile tenere a bada la marea delle ambizioni sbagliate. Il problema comunque non è che «tutti scrivono», ma che gli editori non riescono a vendere bene libri diversi dai romanzi, sognano il bestseller che copra le spese di libri meno vendibili. Ma il bestseller non è cosa di tutti i giorni e i romanzi che vanno al macero non sono pochi. Si moltiplicano poi le scuole di scrittura (non sempre affidabili) che promettono agli allievi di liberare in 10 lezioni la loro creatività nascosta. Se questa impresa pedagogica avrà buon esito, nei prossimi anni il numero dei romanzieri in circolazione (già esorbitante) andrà moltiplicato per dieci. Ma ciò che interessa di più Zaccuri è la saggistica (da me valorizzata) come alternativa al romanzo. Non vorrei essere frainteso. Per quanto mi riguarda, dato che l'80% dei pensieri che mi vengono in testa somigliano più alla riflessione che alla narrazione e più all'aforisma che al verso, ho deciso che il mio genere è saggistico. Ma vedo diversi intelligenti saggisti che scrivono il loro bravo romanzo perché altrimenti non si sentono veri scrittori. Capire qual è il proprio genere letterario non sempre è facile. È pieno di poeti che non sanno scrivere versi e di narratori che non sanno raccontare. Ma anche la saggistica sa essere mediocre o pessima. Molti sono i filosofi che fanno intarsi di citazioni erudite e di termini gergali senza mettere in piedi un ragionamento. La saggistica, prima di essere un genere ambizioso, dovrebbe essere un genere umile: saper dire qualcosa di interessante nel modo più chiaro e con il minor numero di parole. Cosa che vale, credo, per tutti i generi letterari.