Barthes: perché lo strutturalismo è sempre incompleto
che, nella sua Morfologia della fiaba, aveva identificato nel racconto 31 funzioni variamente combinate intorno a otto categorie di personaggi: l'eroe, il falso eroe, l'antagonista, il mandante, l'aiutante, la principessa o il premio, il padre di lei, il donatore. E già si comprende che questa ardua classificazione conduce all'impoverimento perché, sintetizzando ulteriormente e banalizzando, si può concludere che la struttura di tutti i racconti si riduce al gioco di due che si amano e vogliono sposarsi (Renzo e Lucia), ostacolati da un avversario (don Rodrigo) con la complicità di un terzo (don Abbondio), per arrivare a un lieto fine che, in un altro romanzo può essere tragedia. Così facendo, però, abbiamo perso per strada I promessi sposi e qualunque altro romanzo. È come se, analizzando la musica, si «scoprisse» che ogni composizione è fatta di sette note, ma con questo non spieghiamo niente della musica, la banalizziamo soltanto: perché il punto è scoprire e gustare come le sette note si combinano fra loro, creando armonie e/o dissonanze. Barthes, con la sua intelligenza e brillantezza, suggerisce tre coppie che strutturano il racconto: desiderio/ricerca; donatore/destinatario; adiuvanti/opponenti. Ma non va più in là dell'ipotesi.
Nella postfazione, il semiologo Gianfranco Marrone rivendica allo strutturalismo il merito dei «colpi di piccone» inferti «all'umanesimo». A mio avviso, però, se paragoniamo l'umanesimo a un palazzo, i colpi di piccone dello strutturalismo lo ridurrebbero ai pilastri in cemento armato che lo sorreggono, ma allora come si fa ad abitarci?