Un libro sul pittore Francis Bacon (1909-1992), celebre per i suoi trittici, non poteva che essere un trittico, e Trittico è il titolo dei tre studi di Jonathan Littell che Einaudi porge devotamente ai lettori italiani, nella traduzione di Luca Bianco (pp. 148, euro 23). Tre studi narrativamente godibili (Littell, americano del 1967, ha messo in subbuglio il mondo delle lettere nel 2006, con Le benevole, tomo di quasi mille pagine sulla Germania nazista, premiatissimo in Francia), che consentono di fare il punto (provvisorio) sui rapporti fra l'arte e la critica d'arte, proprio partendo da Bacon.Bacon era interessato alla fotografia e ne traeva ispirazione, ma era convinto, come quasi tutti i pittori del Novecento, che il realismo ormai appartenesse alla fotografia, con la quale la pittura non poteva più competere. Convinzione sciocca, perché nessuna fotografia avrebbe mai potuto competere con il ritratto di Innocenzo X dipinto da Velázquez, che Bacon rifarà molte volte a modo suo («Troppo vero», avrebbe esclamato il Papa quando vide il quadro). Da qui la corsa, da parte dei pittori, a scoprire "verità" diverse da quelle che cadono sotto i nostri sensi, col risultato di produrre quadri enigmatici il cui titolo spesso è più eloquente di quello che si vede sulla tela, e affidando semmai ai critici il compito di "spiegare".Per esempio, che cosa si capirebbe davanti al Trittico. In memoria di George Dyer di Bacon se non si sapesse che George Dyer era l'amante di Bacon che si uccise nel bagno della loro camera, dopo un violento alterco, proprio alla vigilia della grande retrospettiva di Bacon al Grand Palais di Parigi, nel 1971? Nel primo pannello lo spettatore vede un groviglio di carni come di lottatori disossati; nel secondo un uomo di spalle che suona il campanello; nel terzo un ritratto (che poi sappiamo di Dyer), riflesso sopra un tavolino (foto). Oltretutto disegnati male, senza tecnica, perché consapevolmente Bacon dichiarò in un'intervista alla Bbc: «Non so disegnare. Se lei mi chiedesse di disegnare qualcosa, non penso che ne sarei capace». Il tormento e i sensi di colpa per quella tragedia li apprendiamo da altra fonte, non dal "Trittico".Un'opera d'arte che non si spiega da sola, ma ha bisogno del critico che la descrive minutamente (raccontare un quadro a parole!) e scava nella biografia dell'autore, non è arte. In tutti i campi, l'arte è e deve essere anonima, come Omero e Shakespeare insegnano.«Non dipingo per gli altri, faccio quadri per me stesso», diceva Bacon. Ma allora perché esporli al pubblico, anziché conservarli nel proprio atelier? Gran parte della fama di Bacon è dovuta all'aura sulfurea che circonda la sua vita e le sue "trasgressioni", che ormai sono diventate conformistico luogo comune. Littell ricorda come, in occasione della grande retrospettiva di Bacon al Metropolitan Museum, nel 1975, il critico del New York Times, Hilton Kramer, ha scritto: «Nel mondo in cui i dipinti di Mr. Bacon vengono guardati e comprati, giudicati e discussi, essere dichiaratamente omosessuale, trafficare in immagini di violenza sessuale e sadismo privato è molto meno scioccante, che, per esempio, essere apertamente metodista». Il trittico Three Studies of Lucian Freud, dipinto da Bacon nel 1969, è stato venduto il 12 novembre 2013 all'asta di Christie's a New York per 142 milioni di dollari (106 milioni di euro): si tratta dell'opera d'arte più costosa mai venduta all'asta. Il record precedente era detenuto da una versione dell'Urlo di Edvard Munch, venduto da Sotheby's nel maggio 2012 per 120 milioni di dollari, circa 89 milioni di euro. Più che dalla fotografia l'arte è superata dal mercato.