All'alba del Duemila, oltre l'adrenalina si respirava aria di smarrimento. Specie fra i giovanissimi. Come se il salto di millennio avesse azzerato troppe certezze, alcuni ragazzi reagivano alle inedite sfide del domani arrendendosi in partenza; altri sembravano voler dichiarare guerra al mondo; taluni gridavano tanto forte i loro timori da impedire ogni confronto. Poi, ancora una volta, fu una canzone a fotografare la faccenda: dandole persino una via d'uscita. Quando i La Crus pubblicavano l'album Ogni cosa che vedo, certo non vi osavano un mondo a colori: e però nel brano Avremmo mai potuto? chiarivano che non c'era affatto da arrendersi o da buttarsi via. Anzi. «Avremmo mai potuto scegliere la guerra, che è prendere e lasciare in fretta questa terra?»: risposta sottintesa, no. «Avremmo mai potuto riconoscerci soldati, se sono i dubbi e le domande ciò di cui siamo armati?»: ancora no. «Avremmo mai potuto puntare le parole in faccia a questo mondo, senza starlo ad ascoltare?»: ennesimo no. Ragazzi, cantava il gruppo milanese, la risposta all'ansia da futuro non è nel fuggire o nel scendere in guerra. «Se c'è un'arma, c'è anche un'idea che la può fermare». C'è sempre, quell'idea: la stessa per gli uomini di ogni epoca, perché «…è questo che ci salva, quel che puoi chiamare amore».