La legge delega sulla previdenza, ora all'esame del Senato, regalerà al Fondo Clero la norma per cumulare gratuitamente i contributi pensionistici versati in gestioni diverse. La gran parte dei sacerdoti iscritti al Fondo Clero e degli ex iscritti ignorano però di avere già questo diritto e, di conseguenza, non lo esercitano. Il suo riconoscimento è stato già operato dall'Inps, in termini sostanziali, con un documento interpretativo (gennaio 2001), essendosi l'Istituto ormai convinto di dover applicare anche al Fondo Clero le disposizioni previdenziali di portata generale, anche quando non siano indirizzate esplicitamente al Fondo. All'interpretazione dell'ente ha fatto seguito il decreto n. 57/2003, che ha previsto una totalizzazione, con alcuni vincoli, per tutti i "lavoratori" assicurati ad una previdenza obbligatoria, compresi i liberi professionisti. Una volta approvata, la legge delega costituirà però la norma più chiara e completa sulla facoltà di cumulo, in grado di cancellare ogni possibile resistenza della burocrazia verso il Fondo dei sacerdoti.
Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale è intervenuta più volte sulla materia, rilevando la necessità di riconoscere con le formule più ampie il cumulo dei contributi. La recente sentenza n. 325 del 30 ottobre scorso riporta le ultime indicazioni della Consulta, che risultano particolarmente favorevoli per i sacerdoti. Benché la decisione della Corte si riferisca al cumulo di contributi da artigiano e da commerciante, i principi espressi trovano una perfetta aderenza anche al Fondo per il clero:
a) la totalizzazione deve garantire all'interessato la possibilità di raggiungere una pensione, altrimenti impossibile con la separazione dei contributi. Nel Fondo clero questo si realizza per la quasi totalità dei pluriassicurati, poiché la pensione di vecchiaia nel Fondo a 65 anni può essere liquidata solo avendo 40 anni di contribuzione complessiva, un requisito non alla portata di tutti gli iscritti; b) il cumulo deve riguardare solo il diritto alla pensione e non è utilizzabile per un maggiore importo della rendita. Spetta al legislatore - precisa la Corte - estendere il principio di cumulo anche alla misura della pensione; c) con la totalizzazione le gestioni previdenziali non devono sopportare un onere pensionistico più gravoso di quello in assenza di cumulo. Questo rischio è inesistente per il Fondo clero: la diversità di calcolo della pensione sacerdotale esclude che l'interessato possa ricevere un beneficio economico superiore a quello ordinario; d) il lavoratore con più contribuzioni non deve essere penalizzato rispetto al lavoratore con pari ed unica contribuzione. Questo criterio attiene anche alla figura del sacerdote, alla quale spesso viene opposta la specificità del termine «lavora-tore». Al contrario, non va dimenticato che il sacerdote che richiede la totalizzazione è stato anche un lavoratore, tuttora in possesso dei diritti rimarcati dalla Consulta.