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Autonomia differenziata apparato da raddrizzare

Stefano De Martis domenica 19 maggio 2024
Il disegno di legge di attuazione dell’autonomia differenziata – il “ddl Calderoli” – ricompare nel calendario dell’aula della Camera per la prossima settimana. Il testo è già passato alla Senato e quindi, trattandosi di una legge ordinaria, l’approvazione definitiva sarebbe dietro l’angolo. Ma il ddl in questione, cavallo di battaglia della Lega, è stato collocato all’ultimo punto a partire dalla seduta di martedì e tutti sanno che è destinato a slittare per non sorpassare il premierato meloniano alla vigilia delle europee. Se poi, come sembra, arriverà in Consiglio dei ministri anche la separazione delle carriere dei magistrati, tema caro a Forza Italia, allora gli equilibri della maggioranza saranno pienamente rispettati. Sui tempi si vedrà dopo il voto. Sia il premierato che la separazione delle carriere dei magistrati richiedono una modifica della Costituzione e quindi il loro iter seguirà la lunga procedura prevista dall’articolo 138 della Carta. Per l’autonomia differenziata, invece, la modifica costituzionale c’è già stata, per quanto incompiuta e pasticciata: è la riforma del Titolo V, varata nel 2001 dal centro-sinistra che rincorreva la Lega, purtroppo. Il progetto complessivo di riforma prevedeva altri interventi collegati – in primo luogo l’istituzione del Senato delle Regioni – che non sono stati realizzati. E oggi il tentativo di mettere ordine nella materia attraverso una legge ordinaria, secondo alcuni osservatori peggiorando persino la situazione, è comunque debolissimo. Lo spiegano in modo perentorio gli uffici studi di Camera e Senato in un dossier pubblicato il 16 gennaio e ripreso anche in elaborati successivi: «Resta fermo – in applicazione dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico, con riferimento innanzitutto alle disposizioni dell’articolo 15 delle preleggi – che le disposizioni della futura legge di attuazione potranno essere derogate dalle singole leggi adottate successivamente ai sensi del terzo comma del citato articolo 116 sulla base delle intese concluse con le singole Regioni». Detto con altre parole, se e quando il ddl Calderoli diventerà legge, sarà allo stesso livello delle leggi che recepiranno le intese tra lo Stato e le Regioni. Queste leggi, dunque, non saranno tenute a rispettare la legge derivata dal ddl Calderoli e potranno decidere tutt’altro purché – ovviamente – in conformità alla Costituzione. Non è come avviene in presenza di una legge-delega, quando il governo nell’emanare i decreti legislativi di attuazione deve attenersi ai princìpi e ai criteri fissati dalla legge “madre”. Del resto la Carta – nel testo riformato nel 2001 – non prevede per l’autonomia differenziata una legge di attuazione, tant’è vero che nel febbraio 2018 il governo era arrivato a firmare gli accordi preliminari delle intese con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sulla base direttamente del dettato costituzionale. Una legge non necessaria, quindi, e questo tra l’altro esclude uno dei potenziali motivi di inammissibilità di un eventuale referendum abrogativo. Ma anche una legge inutile? Qui il dossier osserva che quanto affermato in precedenza «non sembra peraltro escludere» che le norme della legge di attuazione «conservino comunque un’effettiva, seppur ridotta, portata giuridica». Pur sempre di una legge si tratta. Ma per raddrizzare il sistema bisognerebbe rimettere mano al testo costituzionale. © riproduzione riservata