Auschwitz: pensare e ricordare la Shoah, per non ripetere mai più
Il Protocollo, firmato tra Csm e Miur nella sinagoga Tempel di Cracovia, in forza del quale sabato prossimo, alle inaugurazioni dell'anno giudiziario presso ogni Corte d'Appello, saranno presenti rappresentanze di studenti, va nella medesima direzione: il ricordo di un evento buono (l'entrata in vigore, 70 anni fa, della Costituzione) e di un evento cattivo (la promulgazione, 80 anni fa, delle c.d. leggi razziali) si intreccerà con il bilancio e le prospettive del sistema giustizia. Non è un caso che i primi scricchiolii della qualità della vita democratica concernano proprio la riduzione dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura: rendere esplicito il collegamento tra i principi-cardine della Costituzione in tema di legalità e giustizia, da un lato, e la garanzia di un ordinamento che impedisca e contrasti la sopraffazione e la violenza, dall'altro, assume allora un profondo valore educativo e civile. Di questo valore c'è sempre bisogno, anche oggi. Ne sono conferma non soltanto il riemergere di movimenti e gruppi che fanno della discriminazione dei diversi da sé la ragione della propria esistenza, ma altresì un evento apparentemente minore, la discussione dei giorni scorsi sul termine "razza". È, o dovrebbe essere, del tutto pacifico che la Costituzione lo contiene in quanto questa era la terminologia dell'epoca (e del resto anche la storiografia continua a parlare di "leggi razziali"), e che il senso del suo inserimento nell'art. 3 Cost. sia stata la ferma reazione nei confronti dei provvedimenti adottati dal regime a partire dal 1938: un «fatto storico realmente avvenuto e che noi vogliamo condannare» (come si espresse l'on. Renzo Láconi riferendosi anche ad analoghe posizioni del gruppo Dc), reagendo, come chiarì l'on. Meuccio Ruini, presidente della Commissione dei 75 che elaborò il Progetto di Costituzione, «a quanto è avvenuto nei regimi nazifascisti».
Non smettiamo, insomma, di fare memoria: cioè di pensare e di ricordare, in quanto (secondo la celebre frase di George Santayana che si legge all'ingresso del blocco 4 del campo principale di Auschwitz) «quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo».