Auerbach: il realismo non è positivista ma romantico (e soprattutto cristiano)
Nei suoi venti capitoli, Mimesis percorre la letteratura europea partendo da Omero e dalla Bibbia per arrivare a Virginia Woolf, Proust, Joyce, Mann. A metà strada incontriamo Dante e Montaigne, Shakespeare e Cervantes. Leggendo il saggio "Romanticismo e realismo", pubblicato da Auerbach nel 1933 e ora tradotto sul numero 56 di "Allegoria", si capisce ancora meglio quale sia stato lo spunto iniziale di Mimesis. Si tratta delle radici romantiche (e non positiviste) del realismo: stile e metodo che nasce, come si vede in Stendhal e Balzac, dalla particolare, rivoluzionaria inclinazione della fantasia romantica per la realtà quotidiana. In Balzac il quotidiano è lo spazio-tempo in cui si concentra e si incarna la totalità della vita. La fantasia romantica serve a descrivere ciò che esiste. Stendhal e Balzac usano un'immaginazione che non esclude niente di quanto concretamente accade. Fondano nella fisicità la vita interiore e inventano un nuovo tipo di eroe tragico, aldilà della separazione classicista fra sublime e comico. La realtà quotidiana è la sola autentica e viene perciò "presa sul serio". Questo (conclude Auerbach) ha origine nel Medioevo e nella storia di Cristo, il Dio incarnato. È perciò la "dedizione di Dio alla realtà terrena" ciò che ha fondato la rappresentazione della realtà nella letteratura moderna.