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Assistenza alla persona, voci di riforma per le Ipab

Vittorio Spinelli giovedì 15 febbraio 2018
Trenta anni fa, con la sentenza 396 del 7 aprile 1988, la Corte costituzionale interveniva sulla legge Crispi del 1890 e sull'assetto pubblico imposto da allora alle numerose Ipab, le Istituzioni di assistenza e beneficenza, molte suscitate da iniziative caritatevoli. La sentenza ha aperto la strada alla trasformazione delle Ipab in persone giuridiche di diritto privato, fermo restando l'ambiente di religione e di carità. Un cambio di rotta, favorevole per le stesse finalità delle Istituzioni, che ha inciso anche sulla situazione lavorativa del personale dipendente.
Col passaggio dal pubblico al privato gli occupati presso le Ipab risultano incasellati in tre diversi regimi: a) i dipendenti di Ipab che hanno scelto di non aderire alla privatizzazione sono tutti assicurati all'Inps-Gestione pubblica (ex Inpdap) con le relative regole pensionistiche; b) i già dipendenti al momento della privatizzazione hanno potuto scegliere tra l'assicurazione in corso con l'ex Inpdap oppure il passaggio all'Inps, a condizione di esercitare questa scelta entro 90 giorni dalla data di privatizzazione. Scegliendo l'Inps è stata garantita in ogni caso la contribuzione già maturata; c) nuovi assunti di una Ipab privatizzata sono tutti obbligatoriamente iscritti all'Inps, con l'applicazione delle relative norme previdenziali.
La situazione complessiva registra quindi una diversità che non agevola la gestione amministrativa della struttura. E finanche sulla stessa privatizzazione degli enti si levano oggi voci molto critiche per il fatto che le Ipab non sono in grado di reggere la concorrenza dei privati a causa dei pesanti oneri che devono sopportare. La salvaguardia delle finalità istituzionali potrebbe essere garantita – si ipotizza – con la trasformazione in fondazioni. Oltre ad un nuovo "logo" delle strutture è in campo tuttavia l'intero sistema assistenziale alla persona, offerto dalle Ipab, non omogeneo fra le diverse Regioni.
L'Inps si offre oggi come voce neutra in tema di assistenza e di non autosufficienza, avendo già sperimentato sulla materia, in alcune aree d'Italia, importanti innovazioni. L'Istituto prende le mosse dall'attuale riconoscimento della invalidità come perdita della capacità lavorativa e propone di modificare l'accertamento esclusivamente per l'aspetto biologico ricorrendo ai parametri oggettivi della medicina. Il bisogno più alto, la non autosufficienza, campo d'azione di diverse Ipab, dovrebbe essere sostenuto secondo l'Inps da un piano di assistenza individuale, concordato tra la Commissione di accertamento e l'interessato, colmando quanto più possibile le lacune del sistema per una reale prossimità alla persona.