Assicurazioni, questione irrisolta
Condizioni non sufficienti però per il Tribunale di competenza che, in precedenza, aveva escluso il rapporto di lavoro subordinato delle suore, una pronuncia respinta invece dalla Cassazione solo per la mancata presentazione di un certificato di un cancelliere. Di conseguenza " sentenzia la Corte " sono dovuti i contributi previdenziali per le religiose sulla base del minimo contrattuale di settore. Ma quale settore?
Inquadramento Inps. Nel tempo l'inquadramento previdenziale delle case di cura ha subito sostanziali modifiche, passando dall'inquadramento nel settore "commercio" a quello più ampio del "terziario". Alcune strutture sanitarie, avendo una complessa organizzazione, hanno anche ottenuto di essere inquadrate nel settore "industria", con il riconoscimento di sgravi contributivi (legge 1089/68) e commerciali. E poiché i contributi dei dipendenti devono rispecchiare le caratteristiche della propria azienda, la casa di cura di Avellino, già riconosciuta anche come impresa industriale, ha preteso il cd. doppio inquadramento. La sentenza finale della Cassazione ha però stabilito che l'inquadramento della casa di cura, ai fini dei contributi previdenziali, non può riguardare il settore commercio, ma solo quello dell'industria e che tale inquadramento opera sia per eventuali sgravi sia per i contributi Inps.
Questione aperta. La vicenda fa riemergere un'analoga questione di pochi anni fa presso una casa di riposo di Como, dove le suore furono giudicate in nero dall'Inps. In altri termini, se i religiosi sono esenti dalle assicurazioni sociali perché le loro attività sono svolte a motivo di una scelta di fede, diventa determinante anche il campo di attività nel quale la rispettiva Congregazione è impegnata con l'opera dei suoi membri (educazione, assistenza ecc.) anche se prestata presso strutture esterne.