Il coronavirus continua a colpire la popolazione italiana con un numero di vittime che si avvia a superare in queste ore quota 80mila. Dall'inizio dell'epidemia anche i religiosi stanno pagando un alto tributo per numero di contagiati e di deceduti. Sono in particolare le piccole comunità, composte in gran parte di suore o monaci in età avanzata, che devono affrontare in tempi concentrati nuove difficoltà per l'organizzazione della vita in comune. Oltre i comprensibili aspetti umani, il Covid ha prodotto non pochi strascichi nella gestione delle case religiose, compresi imprevisti riflessi con la previdenza. Ne soffre, in particolare, il sostentamento dei religiosi. Considerando lo stato di generale invecchiamento del clero, nelle case religiose si fa conto anche sull'assegno sociale dell'Inps, un sostegno che spetta come ad ogni altro cittadino in condizioni di povertà. La rata mensile per i religiosi con l'assegno viene in genere riscossa presso le Poste e – per espressa eccezione dell'Inps – con delega cumulativa degli interessati a un rappresentante della comunità di appartenenza, in genere chi esercita l'autorità oppure l'economo. È intuibile come il Covid possa influire per un incalzante aggiornamento della delega cumulativa.
Ma soprattutto l'età di 67 anni richiesta per l'assegno sociale sta soffrendo un importante contraccolpo dall'epidemia. È più che evidente – e meglio lo dimostrerà l'Istat – come il Covid continui pesantemente ad incidere sull'indice della speranza di vita della popolazione. E una mortalità straordinaria di 80mila unità non può essere ignorata, neppure temporaneamente. Di conseguenza vi sono tutte le condizioni per ridurre il requisito dei 67 anni di età di alcuni mesi, se non di almeno un anno.
Non va dimenticato che la riforma Fornero ha aumentato l'età per l'assegno portandolo da 65 a 66 anni solo a partire dal 2018, cioè sei anni dopo l'avvio della riforma in considerazione dei disagi della popolazione anziana e invalida. Così è stabilito, col visto ministeriale, nella circolare Inps n. 35 del 2012.
Tuttavia l'Istituto di previdenza ha subito applicato all'assegno sociale l'aumento per la speranza di vita, con due messaggi (16587/2012 e 4920/2017) non diffusi al pubblico, ma silenziosamente riservati agli uffici operativi, con buona pace della trasparenza.