Assegni di vecchiaia per colf e badanti, nostalgia del «trattamento minimo»
La proposta, apprezzabile nella sua finalità, si inserisce in un contesto previdenziale e lavorativo che merita tuttavia altrettante considerazioni. L'Assindatcolf, l'associazione delle famiglie datori di lavoro domestico, ha infatti osservato che un eventuale rialzo della contribuzione andrebbe a ricadere sulle spalle delle famiglie che già si fanno interamente carico dei costi di colf, baby sitter e badanti, mentre non ricevono alcuna agevolazione, quale sarebbe una completa deduzione dei costi nella dichiarazione fiscale.
La proposta sindacale, a causa degli alti costi per le famiglie, trascina con sé non pochi rischi collaterali, come un aumento del lavoro in nero, di denunce di assunzioni concentrate sulle tariffe minime, di licenziamenti ecc.
Da una più attenta analisi della proposta appare come la bassa contribuzione per le colf non sia la causa di misere pensioni ma solo il sintomo, certamente più lampante nel settore domestico, della generale inadeguatezza del sistema contributivo a garantire assegni appena dignitosi. Un difetto del sistema che è altrettanto visibile quando si accenna ai futuri assegni dei precari, dei giovani, dei collaboratori, delle lavoratrici ecc. E nessun aumento delle contribuzioni, a causa della instabilità dei conti e dell'andamento demografico, è in grado di garantire, oggi per il futuro, pensioni contributive dignitose.
Essendo ormai immodificabile l'impianto del sistema pensionistico riformato, si fa più evidente la necessità di garantire sulle basse pensioni a colf, precari ecc. una integrazione – a carico della fiscalità generale – in modo da liquidare un assegno per la vecchiaia socialmente accettabile.
Ed è esattamente il compito assolto dal "trattamento minimo", previsto dal sistema retributivo, per milioni di pensionati con basse contribuzioni. Una rivincita dell'integrazione al minimo, messa all'angolo dal calcolo contributivo nella convinzione di poterne fare a meno.