Assegni d'oro, gli abbagli dell'Inps
Gli assegni colpiti sono tra quelli liquidati ai lavoratori dipendenti e autonomi, pubblici e privati, e ai collaboratori. La legge impone un prelievo variabile tra il 15% e il 45% e non fa alcun riferimento al Fondo Clero, ma l'Inps di sua iniziativa include il Fondo tra le gestioni coinvolte. E perfino surrettiziamente. Lo si deduce dal monitoraggio della nuova norma (nella circolare operativa 62/2019) per il quale l'Inps ha istituito il conto CLR22185 riservato alla rilevazione delle pensioni del clero. Invece, in altra parte della circolare, lo stesso Inps restringe il campo del prelievo "alle sole gestioni tassativamente indicate dalla legge".
Un secondo abbaglio l'istituto lo prende quando segnala ai suoi uffici che la misura del prelievo deve essere applicata sugli importi di pensione liquidati almeno in parte col calcolo retributivo oppure misto. Ma lo stesso Inps non può ignorare che nel Fondo Clero non è previsto alcun calcolo con sistemi né retributivo né misto, ma solo un assegno di importo fisso.
Terza gaffe dell'istituto: nessuna pensione del clero può aspirare all'importo astronomico di 100 mila euro ed oltre. Il massimo consentito ad un sacerdote con le regole del Fondo è di 630 euro lordi, pari a poco più di 8 mila euro lordi l'anno. Pur aggiungendo per alcuni una pensione come docente nella scuola, anche quella notoriamente irrisoria e certo non superiore a 92 mila euro, un sacerdote non raggiungerà mai nel corso della sua vita un assegno d'oro.
L'acribia dell'Inps nell'interpretazione della legge porta ad un altro e più concreto interrogativo: pur ammessa come legittima l'estensione al clero del prelievo di solidarietà – quindi parità del Fondo con le altre gestioni Inps – perché l'istituto non applica altrettanta parità per i sacerdoti interessati alle pensioni con Quota 100, oppure al nuovo cumulo dei contributi?