Triste solitario e finale, in quel 1978, del Mundial d'Argentina. Mentre la nazionale di casa, la Selección alzava al cielo la Coppa del Mondo, nei "garage", vicino allo stadio Monumental si consumava il genocidio più occulto del dopoguerra. Trenta, forse trentacinquemila i desaparecidos che non fecero più ritorno alle loro case, sterminati dalla folle violenza dei generali della Junta Militar. Il mostro totalitario del nazismo era tornato, e a ridosso di un campo di calcio. La mia generazione, nella "lontana" Italia, venne informata dei boia argentini da Osvaldo Soriano. «Nel 1977 ci arrivò la notizia che un gruppo di madri di desaparecidos aveva cominciato a riunirsi tutti i giovedì di fronte alla sede del governo a Buenos Aires. L'organizzatrice, Azucena Villaflor, fu sequestrata e assassinata insieme a due suore francesi…», il racconto straziante di Soriano che nel giugno del 1976, due mesi dopo il golpe del coronel Videla, con il pretesto di seguire l'incontro di boxe tra Carlos Monzon e Jean Claude Boutier, a Monaco, aveva capito che era tempo di fuggire. Dall'esilio di Bruxelles e poi di Parigi, quel grande "bracconiere" di storie scrisse autentici capolavori. I suoi Triste solitario y final e Pensare con i piedi ormai fanno parte del lessico famigliare di coloro che, amando il calcio di letteratura, continuano a tenere viva anche la memoria delle vittime argentine.