Uno straordinario racconto di Heinrich Heine, rimasto incompiuto, è Il rabbi di Bacherach: ebrei alle prese con le false accuse di omicidio rituale, ebrei e marrani nella sinagoga di Francoforte, la porta del quartiere ebraico chiusa tanto dal di fuori che dal di dentro. Ma anche colori, profumi, vesti sgargianti e sapori della cucina del passato. Composto fra il 1824 e il 1826, cioè proprio intorno alla sua conversione, avvenuta nel 1825, il racconto ci parla molto di conversioni, dal momento che accanto al rabbi di Bacherach troviamo come protagonista il marrano, un galante cavaliere spagnolo. Sia il marrano sia il rabbi sono gli alter ego del poeta, vissuti l'uno nella cupezza medioevale dell'accusa del sangue, l'altro nella confusione allegra e un po' goliardica del quartiere ebraico di Francoforte. E il cavaliere marrano, con il suo sgargiante costume che fa da contrappunto alla veste nera del rabbi, non è da lui molto diverso, come il loro comune passato di studi e di amicizia ci mostra. Segno che, per Heine, la conversione era davvero solo un modo di essere accettato socialmente, o più in profondità segno che per lui e per molti come lui e dopo di lui contavano più gli uomini che le appartenenze religiose?