Anticorruzione, si spinga la «battaglia dal basso»
Nel maggio di quest'anno, il Fondo monetario internazionale ha stimato il peso economico della corruzione a livello globale: la somma delle tangenti pagate ogni anno sarebbe compreso tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di dollari l'anno, il 2% del Pil mondiale. A testimonianza della diffusione dei fenomeni corruttivi, evidentemente connaturati alla debolezza umana, senza significative differenze tra Occidente e Oriente, Nord e Sud del Pianeta. E la distorsione del mercato è soltanto una parte del problema, in tutto il globo: la diffusione della corruzione mina alle fondamenta la fiducia nelle istituzioni e altera la normale dinamica dei rapporti sociali.
È proprio quest'ultimo aspetto che dovrebbe preoccuparci maggiormente in Italia: è più diffusa da noi che altrove la percezione della "convenienza" della corruzione, a causa di un sistema di regole poco efficace nella prevenzione e nella repressione di reati del genere, e incapace di difendere chi denuncia episodi criminali di questa natura.
Se sul piano della prevenzione un passo avanti importante è stato compiuto con l'istituzione dell'Autorità nazionale anticorruzione, affidata a un magistrato di valore come Raffaele Cantone, non si può dire lo stesso per le norme del codice penale che prevedono ancor oggi sanzioni inadeguate. E che non "incentivano" il coraggio dell'onestà.
È ancora tristemente ferma al Senato la proposta di legge (approvata a gennaio dalla Camera) che tutela il whistleblower, il dipendente che segnala all'autorità giudiziaria una condotta illecita che si è verificata all'interno dell'azienda pubblica o privata nella quale lavora. Se congegnato per evitare che la denuncia si trasformi in una forma di ricatto, questo nuovo strumento normativo – che opera con successo nel mondo anglosassone – potrebbe riequilibrare il sistema delle regole a favore degli onesti. Rendendo possibile, finalmente anche in Italia, una vera "battaglia dal basso" contro la corruzione.
@FFDelzio