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Anno zero

Erri De Luca sabato 6 luglio 2024
Nell’autunno del 1946 lo scrittore svedese Stig Dagerman è inviato in Germania a raccontare la desolazione dei tedeschi nel primo dopoguerra. Famiglie accampate negli scantinati allagati, senza cibo, profughi tra rovine totali. Dagerman scrisse cronache potenti. «La sofferenza tedesca è collettiva mentre le crudeltà tedesche, nonostante tutto, non lo furono. Oltre la fame e il freddo non sono incluse tra le pene comminabili dalla giustizia…». Tutto un popolo subiva un durissimo castigo collettivo, trascinato alla rovina dalla dittatura. Dagerman polemizza: si pretende dai tedeschi un comportamento etico? Un’affezione per le prime elezioni indette in quelle condizioni? Cita Brecht, dall’Opera da tre soldi (Die Dreigroschenoper): «Prima viene il cibo poi viene la morale». Un popolo ridotto a relitto deve prima recuperare un grado minimo di sopravvivenza per potersi interessare alla politica e all’etica. Il popolo tedesco aveva bisogno di tempo e ne ha fatto buon uso. Ma pure se sotto occupazione e stremato, aveva il vantaggio di essere stato liberato dalla dittatura. Non poteva percepire il sollievo, riconoscibile solo più tardi. A fianco delle cronache di Dagerman, Roberto Rossellini girava Germania Anno Zero, tra le macerie di Berlino nel 1946. È per me il racconto definitivo sui dopoguerra. In ogni conflitto un popolo aspetta il suo anno zero. © riproduzione riservata