Rubriche

Anni '80, il mondo a forma di cubo di Rubik

Cesare Cavalleri mercoledì 5 ottobre 2011
«Dopo gli anni Cinquanta (la ricostruzione), Sessanta (l'uscita dalla povertà e il primo accenno di benessere), Settanta (i problemi e le paure), negli anni Ottanta esplode la corsa al benessere». L'ha scritto Marino Livolsi nel 1993, e lo cita Giovanni Ciofalo nel bel libro Infiniti anni Ottanta (Mondadori, pagine 256, euro 19), sottotitolato Tv, cultura e società alle origini del nostro presente. Ne sono successe, di cose, negli anni Ottanta. A vederle messe in fila nel primo capitolo del libro c'è da restare trasecolati nel ripensare a tutto quello che abbiamo vissuto, e non sorprende che a raccontarcelo sia un professore di Sociologia dei processi culturali dell'Università di Roma La Sapienza, che nel 1980 aveva sei anni. Il distacco critico della giovinezza, insomma. Sono gli anni del presidente Pertini, delle Brigate Rosse che assassinano Tobagi e Bachelet, della P2 di Licio Gelli, dell'attentato di Alì Agca a Giovanni Paolo II, della morte in diretta del bimbo Rampi in fondo al pozzo di Vermicino, del crack del Banco Ambrosiano che lambisce lo Ior, del "Processo del secolo" ai mafiosi nell'aula bunker dell'Ucciardone, dell'arresto del camorrista Raffaele Cutolo. E ancora: nel 1984 muore Berlinguer, e il Pci comincerà a cambiare nome senza trovare un leader sostitutivo; nel 1987 Umberto Bossi è il primo (e unico) senatore della Lega; Craxi lascia la sua impronta nella storia della nazione, ma quasi subito avrà inizio lo sfascio della Prima Repubblica, senza dimenticare Chernobyl, e il banchiere Sindona che muore in carcere per un caffè al cianuro. Intanto la televisione trasmetteva Portobello di Enzo Tortora, Renzo Arbore vantava i pregi del Cacao meravigliao, e il Festival di Sanremo, implacabile, applaudiva Toto Cutugno, Alice, Riccardo Fogli, Al Bano e Romina, Eros Ramazzotti (1986), Anna Oxa e così via. Sono gli anni della modernizzazione e Ciofalo individua le tre svolte che allora si produssero: il "naufragio con spettatori" della classe politica avviato dall'inchiesta Mani Pulite; la svolta culturale, governata dal consumismo e dal moltiplicarsi delle offerte culturali; e infine la rivoluzione comunicativa, caratterizzata dal consumismo tecnologico. Su questi tre temi l'autore ragiona convinto e convincente, anche con il supporto di tabelle e di appendici statistiche, ma sempre in tono discorsivo e quasi narrativo che rende amena, oltre che istruttiva, la lettura. Già, perché la tesi, ben dimostrata, è che il nostro presente è forgiato proprio dagli ambivalenti anni Ottanta, contrassegnati da una spinta modernizzante, che persegue il cambiamento, e da una compresente tendenza conservatrice che ne vuole attenuare i processi pur sfruttandone le opportunità. Da qui anche la serpeggiante nostalgia per gli anni Ottanta, come si vede perfino dal successo di trasmissioni televisive tipo I migliori anni, del bravo Carlo Conti ingiustamente martirizzato dal critico del Corriere, Aldo Grasso. Ciofalo sceglie come metafora degli anni Ottanta il cubo di Rubik: «Il costante mescolamento degli avvenimenti relativi ai diversi piani della società, della cultura e della comunicazione, le scelte effettuate e le conseguenti ripercussioni verificatesi, la configurazione di nuovi stili di vita e di consumo, e soprattutto la diffusione di un'abitudine a una loro incessante metamorfosi hanno condizionato così profondamente la nostra realtà da renderla complessa quasi quanto un rompicapo». L'obiettivo del volume, pertanto, non era di individuare una possibile risoluzione: «Si è trattato piuttosto del tentativo di comprendere in che modo siamo arrivati a essere quello che siano oggi». Tentativo ben riuscito, a parer mio.