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Angelo Paoli il “padre carità” innamorato della Croce

Gianni Gennari sabato 22 gennaio 2022
Angelo Paoli nasce in Toscana, ad Arcigliano, l'1 settembre 1642. Famiglia modesta, ma devotissima. Studia grazie alle lezioni di un buon prete e insieme lavora per aiutare i suoi. Ben presto però si sente chiamato a diventare prete, e la devozione alla Madonna del Carmine lo porta a farsi carmelitano secondo la cosiddetta antica osservanza, antecedente alla riforma di Teresa d'Avila, che qualche decennio prima aveva condotto alla nascita dei carmelitani detti “Scalzi”.
Le origini dell'Ordine sfiorano la leggenda, rifacendosi addirittura al biblico Elia e al monte Carmelo. Il 1 dicembre 1660, diciottenne, Francesco veste l'abito carmelitano a Siena con il nome di fra' Angelo, come sant'Angelo di Licata, vissuto 4 secoli prima. Studia filosofia a Pisa e a gennaio 1667 celebra la sua prima Messa nel convento carmelitano di Firenze, dove dovrebbe completare i suoi studi di teologia, cosa che non fa: preferisce dedicarsi alla cura dei poveri e dei malati della città, senza risparmio di energie. La fatica tuttavia lo porta ad ammalarsi e deve lasciare Firenze per curarsi, rientrando per qualche tempo in famiglia, ad Arcigliano. Recuperate le forze a sufficienza diventa maestro dei novizi a Empoli, poi a Siena e a Montecatini. Insegna anche grammatica e suona l'organo da maestro, ma al centro della sua vita restano sempre i poveri e i malati. Per loro inventa anche cucine da campo: lo chiamano “padre carità”, e diventa così apprezzato e ricercato da tutti che il padre generale lo chiama a Roma, nel 1687, nel nuovo convento di San Martino ai Monti, tra Esquilino e Celio. Le cronache raccontano che lui si mette in viaggio ed entrando a Roma incontra un lebbroso, lo abbraccia, lo cura e lo assiste, come primo di una lunga lista che si protrarrà negli anni. È maestro dei novizi, Angelo, organista ed economo del convento, si dedica anche agli ammalati del vicino ospedale San Giovanni e all'assistenza dei poveri e degli orfani, tanti in periodi di carestie, inondazioni del Tevere e anche terremoti. Diventa anche confessore ricercato e apprezzato, padre Angelo, che per rallegrare i giovani ricorre anche alla musica e a invenzioni di comicità. Resta primaria, in lui, la cura di ammalati e convalescenti poveri e soli, e per loro fonda accanto all'antica Basilica di San Clemente un ospizio che li accoglie una volta dimessi dall'ospedale. Famose, anche tra il popolo, le sue notti passate in preghiera solitaria e la sua devozione alla Croce, che da giovane lo aveva portato a metter su una specie di Via Crucis sui monti della Lunigiana, e ora gli fa collocare varie croci dentro il Colosseo, in onore dei martiri antichi. Per questo Giovanni Paolo II 30 anni orsono lo aveva chiamato «padre dei poveri e apostolo di Roma», fondatore ante litteram della Caritas nel rione Monti ricordando che lui «per primo aveva collocato la Croce nel Colosseo, dando inizio a quella Via Crucis che ogni Venerdì Santo è celebrata in quel luogo» con la presenza dello stesso Papa, vescovo di Roma. Ecco: padre Angelo, da vivo protettore dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati, tutto speso per loro fino alla morte, che arriva il 28 gennaio 1720 tra la commozione di grande folla di popolo che ne accompagna la sepoltura nella stessa Basilica di San Martino ai Monti, presso San Giovanni, vicino all'Ospedale di tante sue fatiche apostoliche e di carità, dove la Chiesa il 25 aprile 2010 lo ha dichiarato beato. A quasi 300 anni dal suo passaggio tra noi un esempio di vita per tutti, nel nome di Colui che «cominciò a fare e poi ad insegnare» (At 1,1).