Rubriche

Andrea Caffi, non solo “homme de lettres”

Goffredo Fofi venerdì 22 luglio 2022
C'è a Belluno, forse unica in Italia, una via Caffi che ricorda un Ippolito risorgimentale, ottimo pittore paesaggista che morì nella battaglia di Lissa, ma non Andrea, un grande personaggio del Novecento che nacque a San Pietroburgo, figlio (1887) di un Giovanni costumista teatrale, che credo fosse figlio di Ippolito. Mi è capitato diversi anni fa di vedere Belluno (e innamorarmene, della città e delle sue montagne, condividendo quest'amore con il grande Zanzotto, e con Patrizia Valduga, che ha scelto di viverci...) per commemorarvi Andrea, avendo fatto ripubblicare da e/o il suo splendido saggio di Critica della violenza, che avevo letto grazie a Nicola Chiaromonte, curatore per Bompiani nel 1966 di una scelta di suoi scritti preceduta da un suo saggio appassionatamente “filiale”. Caffi aveva preso parte già alla rivoluzione del 1905 da socialista e dopo il '17 divenne responsabile con Angelica Balabanoff della segreteria dell'Internazionale, ma non piaceva a Lenin e tanto meno a Stalin, e dopo un periodo di carcere riuscì a venire in Italia, prima di emigrare di nuovo in Francia, a causa del fascismo. Nel suo breve tempo italiano ebbe tre allievi importanti, Nicola Chiaromone, Renzo Giua (fratello di Lisa Foa, morto in Spagna a 24 anni combattendo per la Repubblica) e Alberto Moravia (che aveva conosciuto in treno quando Moravia
venne dimesso dal sanatorio e che fu forse il primo lettore di Gli indifferenti – e molti di quelle generazioni erano convinti che la grandezza di quell'esordio venisse anche dall'influenza e dai consigli di Caffi, grande conoscitore della letteratura russa). Della sua vita e opera si sono occupati amorevolmente Lamberto Borghi e Gino Bianco – non a caso sodali di Chiaromonte – e, più giovani, Andrea Damascelli, Marco Bresciani e Alberto Castelli in area pur sempre o minoritaria e militante il primo o accademica gli altri. Fuggito a Parigi per sfuggire al fascismo (e per un tempo a Tolosa, durante l'occupazione) lavorò dopo la guerra da Gallimard, diventandovi amico di Camus, e morì nel 1955, il 22 luglio di 57 anni fa. Sepolto al Père Lachaise in un loculo non facilmente raggiungibile dove viene definito “homme de lettres”. Un grande personaggio (tra l'altro, dichiaratamente omosessuale, l'unico forse a non nasconderlo. con Daniel Guérin, socialista, forte figura del Fronte Popolare) e di sicuro non solo homme de lettres ma, come il suo amico e allievo Chiaromonte, un grande e attualissimo pensatore e un grande militante.