Ho letto avidamente le conversazioni e interviste raccolte nel volumetto Ricoeur. La rinascita del pianeta (Edizioni Medusa, pagine 142, euro 14). Ammirevole è l’umana duttilità, la prudenza e discrezione teoretica di questo filosofo, immune da quel certo fanatismo verbalistico, estremizzante di molta filosofia francese della seconda metà del Novecento. È un piccolo libro che consiglio a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la filosofia. Paul Ricoeur è un eclettico ma non è dispersivo. Dichiara senza imbarazzo i suoi vari debiti con molti pensatori non solo francesi e tedeschi, ma anche anglosassoni, con la loro tradizione in cui si incontrano idealismo, pragmatismo e analisi del linguaggio. Il sottotitolo “La rinascita del pianeta” enfatizza un ottimismo che in Ricoeur implica immancabilmente il senso del limite, contro l’onnipotenza delle totalizzazioni concettuali e il gigantismo delle aspettative. Per lui il pensiero filosofico deve essere sia audacemente critico che capace di una perspicace prudentia. Dice per esempio che «la felicità non è incompatibile con la sofferenza» poiché «trovare un significato, una soddisfazione nel compimento di sé» prevede anche che si trovi «un posto per la sofferenza». E ancora: la vita è di per sé «lotta contro la morte», ma deve «negoziare con l’avversità» e con un «consenso alla morte». Pensare filosoficamente non è soltanto pensare gli estremi, ma affrontare decisioni concrete secondo «saggezza pratica». La quale, a sua volta, ha dei limiti, perché le decisioni morali più difficili non sono quelle fra Bene e Male, ma fra un male minore e uno maggiore o diverso. Non c’è perciò vera riflessione morale senza analisi di casi singoli e situazioni particolari. Quanto al rapporto tra scienza e tecnica, oggi siamo a un’accelerazione incontrollata nel passaggio dall’acquisizione di sapere alle applicazioni tecniche di questo sapere. Fra l’una cosa e l’altra deve esserci discussione e scelta. Sapere è il nostro destino e anche la fonte del nostro dolore. Che fare? Qui Ricoeur cita Hans Jonas: «Agisci in modo tale che ci sia una vita umana dopo di te». Umana: questo è il problema, né tecnico né scientifico, ma interpretativo.