Anche da Taranto suona la sveglia per Bruxelles
Nella precedente edizione di Cagliari dedicata al lavoro (ottobre 2017), i credenti della Penisola avevano rivolto alla Ue tre precisi inviti: inserire nello statuto della Banca centrale europea il criterio dell'occupazione (oltre a quello dell'inflazione) per tenerne conto nel momento di dettare le "ricette" di politica monetaria, armonizzare i tributi ed eliminare i "paradisi" fiscali interni, ridurre il peso del costo per investimenti in infrastrutture e in attività produttive sui bilanci pubblici.
A quattro anni di distanza, il primo invito è rimasto pressoché inascoltato. Sul secondo si è registrato uno sviluppo positivo solo grazie alla recente intesa internazionale per la "minimum tax", frutto dello scandalo universale destato dai guadagni multimiliardari e praticamente esentasse delle grandi multinazionali del web. Per il terzo c'è voluta una pandemia funesta, che ha costretto a sospendere i vincoli del Patto di stabilità e forse ne farà modificare i meccanismi.
Questa volta da Taranto, dove oltre al lavoro era a tema l'ambiente e il futuro del pianeta che saremo in grado di costruire, sono emersi altri spunti preziosi che il legislatore europeo potrebbe prendere in considerazione. Ma soprattutto è risuonato un allarme di fortissimo impatto, per un'Europa oggi molto concentrata sulla transizione ecologica, grazie al "Green Deal" varato a metà luglio e ai suoi obiettivi di riduzione delle emissioni nell'atmosfera, da conseguire entro il 2030 e poi a metà secolo.
L'allarme tarantino in realtà proveniva da Washington, da dove il gesuita francese Gaël Giraud, direttore del Centro per la giustizia ambientale della Georgetown University, è intervenuto con un collegamento a distanza. Tra gli sconvolgenti scenari e le impressionanti mappe previsionali sul futuro della Terra mostrati all'assemblea, ha avvertito che già nel 2040 tutta la fascia mediterranea dell'Europa sarà soggetta a una perdita di almeno il 40 per cento di acqua pulita e potabile, rispetto alle disponibilità attuali.
In concreto, dal Portogallo alla Grecia, passando per Spagna e Italia, lo "stress idrico" per decine di milioni di europei è ormai una certezza, perché "il 2040 è dopodomani", ha commentato lo studioso. Non a caso nella penisola iberica si stanno già costruendo grandi impianti di dissalazione dell'acqua marina. Ma poiché siccità e desertificazione saranno ancora più devastanti sulla sponda meridionale del Mediterraneo e nell'area subsahariana, si possono già dare per certe ulteriori e più massicce ondate migratorie dirette a nord.
Forse a Bruxelles e Strasburgo qualcuno dovrà riprendere in esame le tabelle di marcia e le scadenze fissate nel programma "Fit for 55" contro i cambiamenti climatici e il degrado ambientale. Forse anche la "riserva" di un terzo dei 1800 miliardi del "Next generation Eu", da destinare al "piano verde", andrà incrementata o ricalibrata. L'importante è mettersi in moto subito. L'ennesimo "evento estremo" tropicale che ha investito nei giorni scorsi la nostra Sicilia dimostra che il tempo è scaduto.