«American First», Trump potrebbe farci perdere 1,4 miliardi di export
A fissare le linee guida di ciò che sta accadendo, è stato uno studio dell'Ismea che ha ragionato sulle conseguenze di "America First" del presidente Donald Trump se questa dovesse essere perseguita così come promesso in campagna elettorale. La ricerca è stata presentata al Centro studi americani e contiene il succo di quanto potrebbe accadere. Due numeri dicono tutto. Se Trump facesse davvero tutto quanto ha promesso, l'economia italiana potrebbe perdere fino a 1,4 miliardi di euro nelle esportazioni verso gli Stati Uniti; 300 milioni sarebbero persi nel solo comparto agroalimentare. Ma non sarebbe solamente un problema italiano. Ismea indica che le esportazioni agroalimentari dell'Unione europea verso gli Usa hanno raggiunto nel 2016 circa 21 miliardi di euro a fronte di importazioni pari a poco meno di 12 miliardi. Certo, è comunque pur sempre l'Italia a fare la parte del leone. I consumatori oltreoceano rappresentano il terzo acquirente delle esportazioni italiane sia complessive che agroalimentari. Le vendite agroalimentari che prendono la via degli Usa valgono 3,8 miliardi di euro. Si tratta di alcuni dei prodotti più preziosi che abbiamo come il vino e l'olio. Ma non dobbiamo dimenticare anche i formaggi e latticini e poi la pasta, i prodotti dolciari e l'ortofrutta trasformata.
Gli strumenti per applicare quanto promesso, Trump li ha tutti. "America First" potrebbe scatenare un uso più aggressivo dei dazi e delle misure di controllo sanitario, oppure un maggior ricorso ad accordi bilaterali fino, spiega Ismea, «ad una esplicita messa sotto accusa dei Paesi che registrano i maggiori surplus commerciali nei confronti degli Usa».
Ma il futuro non è ancora definitivamente disegnato. Proprio i risultati del lavoro di Ismea indicano che un maggiore protezionismo da parte degli Stati Uniti finirebbe per produrre effetti negativi sulla stessa economia americana. Italia ed Europa, quindi, hanno margini di negoziato e d'azione. Devono ovviamente essere capaci di farsi ascoltare. Pensando al valore delle produzioni in gioco ma anche guardando al complesso delle dinamiche commerciali mondiali. Volgendo lo sguardo dall'altra parte del globo, Roma e Bruxelles non devono dimenticare l'Asia e la Cina in particolare.