Amazon, la piaga delle recensioni false (e le colpe di ognuno di noi)
Capita tutti i giorni. Capita sempre più spesso. Compriamo oggetti online, dopo avere letto attentamente diverse recensioni di altri acquirenti, e quando li proviamo non ci troviamo per nulla nei giudizi altrui. Detto brutalmente: ci sentiamo fregati. E spesso è così. E più la piattaforma è grande e potente, come Amazon, e più il problema è diffuso.
Com'è possibile? Alcuni clienti collusi con produttori truffaldini comprano prodotti su Amazon, li recensiscono in maniera entusiasta e in cambio ricevono l'equivalente di quanto speso (più, a volte, qualche euro). Così, truffando gli altri acquirenti, alcuni si portano a casa prodotti di ogni tipo a costo zero. A volte, persino guadagnandoci qualcosa. Altri ancora li acquistano e poi li restituiscono ad Amazon, venendo rimborsati. Ma, sempre in accordo con produttori o agenzie truffaldine, lasciano recensioni entusiaste, ricevendo poi in cambio soldi o buoni acquisto. Con il risultato che queste recensioni vengono contrassegnata da Amazon come «acquisto verificato» e ai nostri occhi sembrano vere.
Ovviamente sono pratiche illegali. Ma sono così diffuse e inquinano così tanto gli acquisti su Amazon che il gigante digitale spende sempre più energie per cercare di contrastarle, per ora non con grande successo. Questa pratica è diffusa soprattutto nel cosiddetto marketplace di Amazon, cioè nella zona della piattaforma dove a vendere sono soggetti esterni che hanno chiuso accordi col colosso dell'e-commerce.
Perché è nato questo sistema? Perché il mercato ci conosce sempre meglio. E sa che, sempre più spesso, noi acquirenti ci fidiamo ciecamente delle recensioni scritte da persone che non conosciamo, perché (sbagliando) le sentiamo «vere come noi».
Il meccanismo che ci spinge in questa direzione si chiama «riprova sociale», ed è stato studiato da Robert Cialdini, psicologo americano (e ben spiegato nel libro «Le armi della persuasione»). È strettamente legato a un bias cognitivo (un «malfunzionamento» del cervello, che colpisce chiunque) che si chiama «bandwagon bias». In pratica: non solo tendiamo ad osservare il comportamento degli altri ma finiamo spesso con il copiare quello che fa la maggioranza. Per esempio, se tante persone fanno la fila davanti a un ristorante, ci convinciamo che deve essere buono (e così alcuni ristoratori, nei primi giorni di apertura o per rilanciare l'attività, pagano figuranti per sostare davanti al loro locale e per riempirlo). E se tanti lasciano online una recensione positiva a un prodotto, ci convinciamo che è davvero buono. E quindi dobbiamo averlo.
Il mondo dell'e-commerce conosce talmente bene le nostre debolezze che persino i prodotti perfetti non ottengono quasi mai il massimo dei voti, ma il gradimento degli acquirenti si ferma tra le 4,5 e le 4,7 stelle su un massimo di cinque. Pur di arrivare al «gradimento perfetto» alcuni produttori arrivano a far scrivere recensioni critiche (false anche queste) per bilanciare quelle eccessivamente generose. Un trucco che serve a ingannarci. Crediamo infatti di essere così furbi, che non ci fideremmo di prodotti che hanno il massimo dei voti (per la serie: è troppo bello per essere vero, quindi sotto ci deve essere per forza qualcosa).
Di servizi che offrono recensioni false su Amazon (e su altre piattaforme simili) ce ne sono a bizzeffe. Si trovano sui social, sul web e sui forum.
Si tratta infatti di una piaga così grave che sta infettando non solo Amazon ma tutte le piattaforme di e-commerce. Accade da anni, come testimoniano le centinaia di articoli di denuncia. Quello che pochi dicono è che questo sistema prolifera anche per colpa del fatto che solo il 10% dei clienti dell'e-commerce lascia un commento su ciò che ha comprato. E così i truffatori hanno campo ancora più libero.