Altro che stelle: i veri grandi cuochi li trovi nell'orto, mica in tivù...
Sono solo alcune delle tavole memorabili che abbiamo registrato quest'anno. E si potrebbe continuare, per dire che il nuovo corso della cucina italiana è sempre più legato alla terra d'origine. Ristoratori e contadini, cuochi e mugnai hanno stretto un patto che è una risposta efficace all'omologazione delle grandi catene del food, ma anche a quella ristorazione che è si omologata verso l'alto, con materie prime costose che arrivano – uguali – ad ogni latitudine del Paese. È questa la novità, ben superiore alle stelle, ai cappelli e alle corone che verranno. I ristoranti italiani possono diventare il motore di un'economia agricola che sceglie la strada della distinzione, antidoto a qualsiasi assalto commerciale.
Nei giorni scorsi Pietro Leemann, cuoco green che lavora a Milano, ha dichiarato con sorpresa che anche il cibo può avvicinarci a Dio e che il corpo è come una pianta che assorbe dalla terra ciò che è indispensabile. Non è da tutti avere questa sensibilità, che è diversa dall'ansia di prestazione messa in scena ogni giorno dalle trasmissioni televisive che mettono in gara le ricette. Il cibo ha un valore culturale, nella misura in cui rappresenta l'ordine dell'universo mondo in cui siamo immersi. E i giovani cuochi di oggi lo hanno capito, quasi voltando le spalle a caviale e aragoste, per fare un nuovo racconto.
Nel 2006, quando il ministero delle Politiche agricole promosse gli Stati generali dell'agricoltura con tutte le diramazioni di filiera, quindi anche la ristorazione, fui invitato a dare un contributo di idee. E dissi che incentivare la ristorazione che favoriva processi di sviluppo dell'agricoltura locale sarebbe stato un volano economico da non sottovalutare. Ma in realtà la proposta non fu presa in considerazione, con l'avvento poi dalle cucine in tivù a tutte le ore. Oggi, dopo 12 anni, il ministro Gian Marco Centinaio ha rispolverato l'idea, secondo la regola che la distinzione qualitativa l'abbiamo a portata di mano. E se son rose... fioriranno.