Alta via numero uno
Salite erte, disegnate a zig zag sui ghiaioni. Sentieri lontano dalle funivie, in luoghi senza traccia di uomo. Con i pochi che si incontravano ci si salutava cordialmente, "Grüß Gott", che Dio vi benedica. Da lontano assistemmo alla lotta fra due montoni - nel silenzio l'urto sordo e poderoso delle corna. Sei, sette ore al giorno di cammino, sempre in quota, i paesi piccolini, giù in basso. Se un acquazzone ci coglieva, cercavamo riparo correndo, ridendo come bambini. Dopo ore si intravvedeva su una vetta il rifugio. I polpacci gonfi di fatica, e che fame. Polenta e speck, come lupi, poi una grappa che scottava giù per la gola. Eravamo felici. Peccato, non lo sapevamo.
Sono passata per luoghi che non saprei ritrovare, la roccia rossa alla luce del tramonto. Da una forcella aspra ci siamo affacciati su una valle fiorita. L'Eden: quel nostro lungo, devoto istante di silenzio. Quando scendemmo a valle, i gas di scarico mi bruciarono la gola. Milano era cemento e asfalto sotto l'afa. Indimenticabile, quel mondo come al principio. Non lo vedrò più. Eppure, quanto ci penso. Ancora. Sempre più spesso.