Vacche in piazza. Potrebbe accadere nei prossimi giorni. A dirlo è il presidente dei coltivatori diretti, Ettore Prandini, che in una nota denuncia la situazione «insostenibile» della zootecnia italiana. Non si tratta di un'esagerazione mediatica, ma del risultato di quella che alcuni hanno definito una tempesta perfetta: prezzi di vendita bassi, costi delle materie prime alti, bilanci che da troppo chiudono in perdita. Gli allevatori resistono, ma il limite è stato passato. Coldiretti spiega: «La situazione del prezzo del latte alla stalla è insostenibile con pressioni al ribasso che non hanno ragione d'essere e che mettono a rischio tutto il sistema degli allevamenti in un momento in cui con la pandemia Covid è necessario continuare a garantire le forniture alimentari alle famiglie italiane». La situazione riguarda tutto il comparto zootecnico, dalla carne al latte, con gli allevatori messi sotto pressione da prezzi troppo bassi a fronte del rincaro delle materie prime e dei foraggi, dal mais alla soia, a causa delle tensioni generate dalla pandemia. Da qui l'allarme di Prandini: «Siamo pronti alla mobilitazione per difendere le stalle italiane». Prima di bloccare le strade, tuttavia, i coltivatori chiedono al governo «di aprire subito un tavolo di confronto per arrivare a una soluzione condivisa che garantisca una corretta remunerazione con una equa distribuzione di valore lungo la filiera». Perché il vero problema pare non stia tanto nei prezzi di mercato, ma nei rapporti di filiera. Cosa fare? Stando ai coltivatori è «necessario che nei contratti di fornitura fra le industrie di trasformazione e gli allevatori siano concordati compensi equi perché a fronte dei i rincari delle materie prime alla base dell'alimentazione degli animali». Che detto in altre parole significa, per esempio, pagare di più il latte alla stalla. E ridurre i margini degli industriali. Oppure riversare tutto sul consumo finale (a meno che la distribuzione non sia convinta a rinunciare a qualcosa). L'obiettivo, a sentire i coltivatori, è quello di «mettere al sicuro tutta la filiera e continuare a garantire ai consumatori prodotti sicuri e di qualità che sostengano l'economia, il lavoro e i territori italiani». Su un traguardo di questo genere devono essere tutti d'accordo ma tutti devono fare un passo indietro.