«La perfezione è raggiunta non quando non c'è più niente da aggiungere, ma quando non c'è più niente da togliere» (Antoine De Saint Exupery).
Arriva un momento nella vita in cui è utile saper togliere anziché aggiungere. Un po' come fa Luigi, giardiniere esperto che, per far fiorire i suoi fiori sa quali erbacce estirpare. Togliere non è sempre un atto di privazione, ma a volte una selezione attenta di ciò che davvero contribuisce al nostro benessere. Arriva un momento in cui, dopo aver passato anni a mangiare patatine o un salame gustoso, hai voglia di togliere. La privazione volontaria di alcuni cibi – nel mio caso – me li fa apprezzare quando, dopo tanto tempo, ho l’occasione di riassaporarli. Qualche giorno fa ho aperto l’armadio e ho notato molti vestiti che non metto praticamente mai. Che senso ha tenere nell’armadio quella giacca comprata anni fa e messa una volta sola? So che non la metterò, semplicemente perché sono cambiato, insieme ai miei gusti. Eliminare vestiti che non ci sentiamo più di indossare è come liberarsi di un vecchio peso, aprendo spazio per l'autenticità e la comodità. Vogliamo parlare delle cianfrusaglie dimenticate nei cassetti per anni? A volte è doloroso aprirli, i cassetti. Eppure, alleggerirli può corrispondere a liberare la mente da ciò che è superfluo. Il vero atto di coraggio è togliere il cuore da luoghi privi di amore. Chiudere la porta a relazioni tossiche o passate e concentrarsi su quelle che nutrono l'anima. Togliere lo sguardo da chi ha ferito è una forma di auto-preservazione, un modo per dirigere la propria attenzione verso la bellezza che ancora ci circonda. E, ancora: il passato. Togliergli il potere – a volte negativo, spesso malinconico - è un atto di liberazione, permette al presente di brillare. Aggiungere nella nostra vita è molto semplice, quasi automatico, a volte ossessivo. Compiamo azioni quotidiane senza rendercene conto. E così il quotidiano diventa come la borsa di Mary Poppins, che non prevede fine. Come tutte le borse piene di cose, però, nel momento in cui cerchi le chiavi per entrare in casa, rovistando nervosamente, dentro troverai di tutto tranne quelle. Credo che la vera ricchezza non sia nell'accumulare senza fine ma nel saper discernere, nel togliere ciò che non serve più, per fare spazio a ciò che davvero conta. Questo atto elegante di semplificazione può essere la chiave per una vita più leggera, autentica e piena di significato. La perfezione, dunque, potrebbe risiedere nel togliere anziché aggiungere. Questo non si limita alla materialità ma si estende a emozioni, pensieri e aspettative che spesso affollano la nostra vita. Il vero “troppo” da eliminare potrebbe essere l’eccesso di perfezionismo che ci trattiene, impedendoci di esprimerci liberamente. Eppure, la consapevolezza di ciò che serve parte dall'interno, non da uno svuotamento casuale di armadi. Liberarsi da doveri autoimposti, pensieri limitanti e aspettative irrealistiche ci avvicina alla perfezione. La vera ricchezza, quindi, potrebbe risiedere nel discernimento, nel togliere ciò che appesantisce anziché nell'incessante aggiungere. La perfezione potrebbe essere smettere di cercare la perfezione e abbracciare la vita con autenticità e leggerezza.
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