Alla riscoperta del «Codex Faenza» scrigno della spiritualità medievale
Manifesto emblematico e programmatico di tali tendenze, il manoscritto 117 della Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza " compilato intorno ai primi del '400 e conosciuto come "Codex Faenza" " si impone come una delle testimonianze più significative e rappresentative delle forme e degli stilemi all'epoca massimamente in auge, all'interno del quale troviamo raccolte le chansons del grande Guillaume de Machaut al fianco delle ballate e dei madrigali di Francesco Ladini e Jacopo da Bologna. Tralasciando tali pagine maggiormente note e frequentate, sotto il titolo di Faventina il direttore argentino Pedro Memelsdorff e il suo ensemble vocale e strumentale Mala Punica hanno estrapolato dal Codice di Faenza unicamente il repertorio liturgico, andando a recuperare dal manoscritto originale (e in alcuni casi letteralmente a ricostruire) i brani dedicati all'Ordinarium Missae (quattro Kyrie, un Gloria e un Alleluja, in cui alcune intonazioni corali gregoriane vengono a tratti accompagnate o eseguite in alternatim all'organo) insieme con antifone, inni e salmi chiamati a fungere da traccia per un ipotetico Vespro mariano (cd pubblicato da Ambroisie e distribuito da Deltadischi).
Musiche nate in una sorta di laboratorio di sperimentazione, in cui spinte avanguardistiche e funambolismi esecutivi, complessità cerebrali e vocazioni geometriche non perdono una stilla del loro fitto pensiero pur stemperandosi in armonia, grazia e finitezza. In questa audace interpretazione, acquistano poi una valenza ulteriore: una forza espressiva scenografica, quasi teatrale, per meglio dire "rappresentativa", che ci rivela la straordinaria unicità e l'enigmatica portata di composizioni caratterizzate da un'algida spiritualità e da una raffinata scrittura. Un nuovo bagliore sul tramonto del Medioevo.