Alla prova della Quarta rivoluzione industriale
Naturalmente non è il caso di tirar fuori dal frigo lo spumante migliore. Nel 2005 l'Italia era la quinta potenza manifatturiera mondiale – dopo Stati Uniti, Cina, Germania e Giappone – mentre oggi è scivolata al settimo posto, superata da Corea del Sud e India. Inoltre il sistema industriale tedesco e quello francese hanno recuperato produzione, competitività e produttività molto più velocemente del nostro. Infine, la sfida più complessa per l'industria italiana non è dietro le spalle, ma davanti a sé. È l'avvento della Quarta Rivoluzione Industriale: ovvero internet of things, big data, intelligenza artificiale e robotica. Si tratta purtroppo di una partita che si giocherà sui terreni del volume degli investimenti in ricerca, dell'innovazione dei processi produttivi e delle nuove competenze, non esattamente quelli preferiti da un Paese come il nostro che nell'ultimo decennio ha perso il controllo di molte grandi aziende, che da sempre non eccelle per il volume degli investimenti in ricerca e sviluppo e che ha perso la sua storica eccellenza nella formazione professionale.
Numerosi Governi hanno già messo in campo nuove politiche industriali, come quelle di "Industrie 4.0" in Germania, di "Industrie du Futur" in Francia, di "Society 5.0" in Giappone o del piano italiano "Industria 4.0", varato un anno fa e di cui possiamo già verificare gli effetti positivi. Ma la vera rivoluzione sarà, come sempre, affidata agli uomini: alla capacità dei nostri imprenditori manifatturieri e dei nostri manager di spostare nei prossimi anni la "linea di confine" dei processi e dei prodotti più in là dei loro competitors, almeno nei (numerosi) settori industriali di nicchia nei quali siamo già leader a livello mondiale. Scommettiamo che non tradiranno il nostro orgoglio produttivo?
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