Roberto Benigni teneva molto al suo Pinocchio, e molto ci teneva Vincenzo Cerami, sceneggiatore di questo e di tanti altri film dell'attore. Uscita nel 2002, la trasposizione del romanzo di Collodi non fu il successo che si poteva immaginare, ma il legame tra il toscano Benigni con il toscanissimo burattino rimane robusto. Tra i volti che popolano questo Pinocchio di vent'anni fa spunta a un certo punto quello dello stesso Cerami. Per l'occasione lo scrittore porta un paio di imponenti baffi a manubrio, che stranamente sortiscono l'effetto di renderlo ancora più riconoscibile. Il suo è un "cameo" (che, come ormai sappiamo, della comparsa è parente stretto), collocato in un momento strategico del racconto. La notte è scesa sul Paese dei Balocchi, la metamorfosi dei ragazzi in asini è già cominciata e l'Omino di Burro – impersonato da Luis Molteni – accompagna un drappello di gentiluomini interessati all'acquisto di qualche ciuchino ben in forze. Cerami è uno di questi investitori, il più attento a valutare la merce. Una figura inquietante, che in qualche modo si pone in continuità con il precedente film della coppia Benigni-Cerami, il fortunatissimo La vita è bella, dove per trattare gli esseri umani come merce non c'era neppure bisogno di aspettare che prendessero l'aspetto di animali.