Alimenti, il nuovo rischio cinese
Non è una prospettiva allettante, soprattutto tenendo conto dell'andamento poco entusiasmante dei bilanci delle imprese agricole italiane. Secondo i dati diffusi in questi ultimi giorni dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori (che ha celebrato la sua assemblea annuale), nel 2009 trentamila imprese sono state costrette a cessare l'attività, la produzione è diminuita del 3,8%, così come gli investimenti, mentre il valore aggiunto è crollato del 5,2% e i prezzi addirittura del 13,5%. Un insieme esplosivo di condizioni che avrebbero tagliato del 25,3% i redditi dei produttori agricoli che hanno dovuto rispondere a costi di produzione cresciuti dell'8,5%. Tutto senza contare le perdite miliardarie provocate proprio dal mercato dei "falsi" prodotti alimentari italiani.
È chiaro che di fronte a una situazione di questo genere, occorre che tutti si rimbocchino le maniche, mettendo da parte gli ancora troppo presenti campanilismi e guardando da vicino a soluzioni concrete. A partire, perché no, dalla ricerca scientifica e tecnologica, ma passando per la riformulazione delle filiere di produzione-trasformazione-distribuzione. Da questo punto di vista, l'andamento dei prezzi alla produzione a gennaio è un segno inequivocabile di come stanno andando le cose. Secondo Coldiretti, i prezzi dei prodotti agricoli in campagna si sono ridotti del 6,1% con cali record per i vini che perdono il 13,9%, seguiti dalla frutta fresca e secca (-12,5%), dagli ortaggi e legumi (-9,1%), dai cereali (-3,9%). Scienza, tecnologia e strategie commerciali, dunque, possono essere gli elementi vincenti per l'agroalimentare del Paese. A patto che si sappia usare con saggezza queste leve.