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Alimentare, il nodo è la logistica

Andrea Zaghi sabato 21 novembre 2009
Qualità e tipicità dei prodotti, certo, ma anche logistica e distribuzione. Perché ormai è chiaro, ma non ancora abbastanza applicato, il concetto che la vittoria sui mercati agroalimentari, nazionali e non, si gioca anche sulla capacità e sull'efficienza di spostamento delle merci, soprattutto se deperibili. Una partita nella quale troppo spesso le imprese agricole e agroalimentari italiane si ritrovano a dover affrontare il problema del come e, soprattutto, a quali costi, finendo irrimediabilmente per perdere.
La fotografia della situazione, almeno sul fronte delle imprese di trasformazione agroalimentare, è stata scattata qualche giorno fa da uno studio di Federalimentare e Sda Bocconi che è partito dai numeri del settore. L'industria alimentare in Italia con 120 miliardi di euro di fatturato (di cui 20 derivanti dalle esportazioni) costituisce il secondo comparto economico dopo il metalmeccanico, e offre occupazione a oltre 400mila addetti; se si considerano insieme agricoltura, industria alimentare e distribuzione si è di fronte alla prima filiera economica del Paese. Che ha proprio nella logistica uno dei maggiori ostacoli alla crescita.
Il problema di come affrontare la logistica, emerge soprattutto guardando le imprese medio-piccole (cioè la maggioranza) e si capisce meglio se si pensa che il 45% delle aziende alimentari coinvolte si pone nella fascia sotto i 50 milioni di fatturato, il 60% in quella sotto i 100 milioni. Non parliamo poi delle aziende agricole che hanno bilanci di dimensioni ancora inferiori. Gli operatori della logistica, invece, risultano essere molto aggregati e concentrati. Il risultato? La forza di questi ultimi, che riesce a concentrare grandi volumi di attività e a spuntare condizioni contrattuali più vantaggiose nei confronti di un universo della produzione alimentare ancora molto (troppo) frammentato. Con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista della produzione e dei conti economici.
Uno degli aspetti rilevanti del diverso peso delle due parti, e del fatto conseguente che circa l'88% delle imprese agroalimentari deve «acquistare» la logistica all'esterno, è quello dei costi che crescono a dismisura e che potrebbero invece ridursi se la cosiddetta filiera agroalimentare fosse meno frammentata e polverizzata e, probabilmente, meno litigiosa. Ma non basta. Per gli imprenditori alimentari " la posizione è stata resa nota propria nel corso della presentazione dello studio della Bocconi " occorrerebbe anche «un sistema di trasporto e di infrastrutture, più vicino a quello degli altri Paesi europei». Più efficienza quindi, più servizi e più capillarità che, se realizzati, avrebbero effetti positivi sui prezzi finali la cui formazione,è stato fatto notare, è strettamente correlata non solo all'attività degli «attori» della filiera agroalimentare, ma anche ad un'insieme di soggetti esterni alla filiera che ad essa offrono servizi essenziali. È un'altra sfida che l'agroalimentare deve vincere.