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Alfréd, campione davvero unico all'alba delle Olimpiadi

Mauro Berruto mercoledì 11 aprile 2018
Dal 6 al 15 aprile del 1896, grazie alla formidabile ossessione del barone Pierre de Cubertin, si disputarono ad Atene i primi Giochi Olimpici dell'era moderna.
Ci sarebbero mille modi, magari anche retorici, per ricordare la messa in atto di un'idea che, senza timore di smentita, ha cambiato il mondo. Ne scelgo uno soltanto, raccontando una storia non troppo nota, che si svolse proprio l'11 di aprile, di 122 anni fa. La primavera era gelida, sorprendentemente per la Grecia e nelle freddissime acque della Baia di Zea, quel giorno, le onde arrivavano a quattro metri. Quel posto oggi è il porto di Pasalimani al Pireo, un luogo di approdo per turisti che decidono di arrivare ad Atene senza passare dalla transumanza dei traghetti o dei ferry boat.
Quell'11 aprile un ragazzo diciottenne, studente ungherese di architettura, Alfréd Hajós (all'anagrafe Arnold Guttmann), si stava spalmando sulla pelle un centimetro di grasso animale per provare a controllare la temperatura corporea e difenderla dai morsi del freddo. Stava per incominciare la gara dei 100 metri stile libero, in mare aperto, fra onde altissime e con un clima che gli ricordavano il suo inverno ungherese. Alfréd era un ragazzo molto brillante, dalle grandi qualità atletiche e dalla profonda sensibilità artistica. Si era laureato, per due anni consecutivi, campione europeo di nuoto proprio in quella gara, la più classica del nuoto, i 100 metri stile libero. Spalmare quell'unguento sulla pelle aveva forse anche un significato balsamico, in qualche modo lenitivo.
Infatti, non era stato tanto lui a scegliere il nuoto, quanto il nuoto a scegliere lui, nel 1891. Era un ragazzino tredicenne, e ancora si chiamava Arnold, quando aveva tragicamente visto scomparire, annegato nel Danubio, suo padre. Lo choc si trasformò in motivazione feroce che lo portò non solo a voler imparare a nuotare, ma a voler diventare un campione. Quel cambio di vita fu rappresentato anche dalla scelta del nuovo nome: Arnold non voleva più essere Arnold. Scelse un vero e proprio nome d'arte, Alfréd Hajós, che in ungherese significa "Alfréd il marinaio".
Per organizzare quei primi Giochi Olimpici dell'era moderna, si era candidata proprio la sua Budapest che, nonostante fosse stata scelta Atene, aveva sfiorato la possibilità farli sul serio, perché la Grecia versava in una profonda crisi economica e il governo ellenico era stato a un passo dalla rinuncia, a favore proprio della capitale magiara. Così non fu e Alfréd chiese il permesso di partire per Atene alla sua Università, ottenendo il consenso con grande fatica. Quella mattina, davanti a quel mare gelato, la sua idea fissa era quella di vincere e vincere tutte le gare che aveva a disposizione: i 100 metri, i 500 metri (che iniziavano esattamente al termine della prima gara) e i 1200 metri che a loro volta sarebbero partiti esattamente al termine dei 500 metri. Posto di fronte a una scelta inevitabile, rinunciò alla gara di mezzo, vincendo la prima e la terza. Alfréd era un esempio di genialità polivalente che lo avrebbe portato, nella sua carriera sportiva, a competere anche nell'atletica leggera (fu campione nazionale nei 100 metri, nei 400 metri e nel lancio del disco) e poi nel calcio, giocando nel Budapesti Torna Club per dieci anni e diventando, addirittura, il Commissario Tecnico della nazionale ungherese.
Tuttavia, Alfréd completò anche il percorso di studi in architettura e nella sua carriera di architetto progettò diversi stadi, scuole, chiese. Opere avveniristiche al punto da permettergli di rivincere una medaglia olimpica. I Giochi Olimpici del 1924 a Parigi, infatti, furono gli ultimi in cui venne assegnato il titolo olimpico anche in discipline artistiche (poesia, musica, letteratura) e Alfréd vinse una medaglia d'argento in Architettura, grazie alla progettazione di uno stadio del nuoto. Insomma, questo atleta così polivalente che 122 anni fa diventava campione olimpico nel nuoto, lo sarebbe diventato di nuovo 30 anni dopo, in architettura, unico umano a essere riuscito in questa impresa. Chissà cosa ne avrebbe pensato il Decano dell'Università di Budapest che, al ritorno di Alfréd da Atene, lo aveva accolto dicendo: «Le vostre medaglie non sono di alcun interesse per me, ma sono desideroso di conoscere le vostre risposte al prossimo esame».