Alcide-Mario chiamava la mamma quando i due ragazzi parlavano assieme presi dal loro interesse per le cose della politica, della storia, della religione. Erano Alcide e Mario De Gasperi di Trento, l'uno già studente all'università di Vienna e l'altro sulla via del sacerdozio nella propria città. Nelle loro lettere comune è l'interesse storico del proprio paese e la ricerca per una posizione politica della Chiesa verso la nuova strada di libertà che sembrava si potesse aprire per il popolo trentino. Un modesto quaderno scritto dalla sorella Marcella non solo ricorda i fatti del tempo, ma rende viva l'atmosfera della sua casa dove Mario, giovanissimo sacerdote perde la vita con grandi sofferenze a causa di un tumore alla gola, allora non curabile. I progetti di un futuro lavoro comune, dei quali si conservano ancora i primi appunti, terminano per sempre e Alcide sente con grande dolore la morte del fratello. Sua sorella descrive su di un piccolo quaderno alcune pagine del tempo: «la morte di don Mario è per Alcide uno dei più grandi dolori della vita. Egli perde non solo il fratello, ma l'amico con il quale aveva condiviso le difficoltà, le anzie, le gioie... i nervi stanchi non gli permettono di dormire... la mamma sempre generosa lo sostiene accanto al letto finchè riprende il sonno come un bambino tra le braccia materne». Passano gli anni, il tempo della prima guerra, il fascismo, e arriva la libertà difficile da governare, un governo difficile da mantenere libero nei primi dieci anni del dopoguerra. Appunti personali, piccoli notes di cifre, di notizie, di nomi che fra poco nessuno ricorderà più. Allora ci si chiede perché conservare, tenere da parte pensieri, meditazioni, forse decisioni di tempi andati, di storia che andrebbe ricostruita, certo con fatica e interesse da chi sa, con intelligenza, scavare nel tempo. Su quel tavolo grande e antico della sala di Sella mio padre negli ultimi giorni della sua vita, girava i fogli battuti a macchina e scritti a mano che illuminavano la sua vita. Solo allora in quei pochi giorni di sole dell'estate del 1954 gli sentii raccontare la storia, del suo tempo. Per questa ragione ebbi poi negli anni la possibilità di scrivere con maggiore attenzione la preparazione e il cammino politico della sua vita. Egli voltava le pagine una alla volta con attenzione, dalle più antiche, quelle della sua giovinezza politica alle più recenti del tempo del fascismo quando io sulle mie braccia di bambina dovevo portare il grande pacco al piano di sotto dove venivano conservate da possibili ricerche fasciste. Ormai scendeva la sera, mio padre mi lasciava chiudere il grande pacco e si avvicinava alla finestra per vedere l'ultimo sole e i boschi che fra poco avrebbero perduto colore.