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Aiuto, si è ristretto il campo

Vittorio Spinelli sabato 7 giugno 2003
Milioni di ettari persi e milioni di euro andati in fumo. Tanto che fra qualche decennio dell'agricoltura italiana potrebbe rimanere solo qualche isola felice, supertecnologica e ipertipica. Tutto il resto potrebbe sparire, inghiottito dall'urbanizzazione diffusa, dalle industrie o, più semplicemente, dall'abbandono. Potrebbe essere proprio così, stando ai dati diffusi dalla Coldiretti in occasione della Giornata Mondiale dell'Ambiente. Negli ultimi 40 anni, l'agricoltura nostrana ha perso oltre un terzo della sua superficie: circa 7 milioni di ettari. In montagna - negli ultimi 30 anni - è andato perso il 41% delle terre coltivate. Senza parlare del patrimonio animale e vegetale già scomparso oppure ad alto rischio. Gli ultimi conti indicano circa 50 diverse razze di allevamento e qualche decina di varietà di piante. Una tendenza che non viene arginata dalle molte iniziative per la difesa e la valorizzazione dei prodotti tipici agroalimentari. L'ultima, domani a Roma, organizzata da Cia, che prevede, per l'anteprima di un film, addirittura cento metri di prelibatezze italiane. Tutto bene, ma ci vuole anche dell'altro. Visto che, oltre alle produzioni agroalimentari, in pericolo sono almeno 2.875 comuni posti in aree a rischio idraulico a causa, spesso, dell'abbandono delle campagne e delle colline. Insomma, oggi l'agricoltura - fra produzione primaria e trasformazione - vale qualcosa come 48 miliardi
di euro, conta un valore aggiunto di 30mila milioni, un milione e più di imprese, quasi un milione di occupati. Ma quanto rimarrà di tutto ciò fra venti-trent'anni? E' una domanda che ci si deve porre. Anche tenendo conto di altre situazioni. In questi giorni, per esempio, si è fatto nuovamente un gran parlare di quote latte e di lavoratori extracomunitari che servono come l'acqua per le nostre campagne: argomenti importanti e sacrosanti, ma che non esauriscono la questione agricola italiana. Così come - purtroppo - non bastano i prodotti tipici, che pur significano un rispettabile valore produttivo pari a oltre 3 miliardi di euro. Ci vuole dell'altro. Come l'applicazione della legge di Orientamento, che dà facoltà agli Enti Locali di attivare "contratti territoriali" con i contadini per azioni di manutenzione del territorio. Ma occorre soprattutto la capacità di mettere davvero a frutto - in termini di rafforzamento strutturale e competitivo - il fiume di finanziamenti europei che in questi anni sono comunque giunti alle campagne nostrane. Specialmente al Sud - che ha una delle agricolture più forti del Mediterraneo - di cui Confagricoltura ha da tempo denunciato il rischio di vedersi sfumare sotto gli occhi fondi preziosi per i propri investimenti. E' possibile, dunque, pensare alla nostra agricoltura come ad un settore in mezzo ad un guado: alle spalle la terra ormai lasciata, davanti agli occhi una riva che rischia di diventare un miraggio che si allontana sempre di più e infine svanisce.