Aiuto, si è ristretto il campo
di euro, conta un valore aggiunto di 30mila milioni, un milione e più di imprese, quasi un milione di occupati. Ma quanto rimarrà di tutto ciò fra venti-trent'anni? E' una domanda che ci si deve porre. Anche tenendo conto di altre situazioni. In questi giorni, per esempio, si è fatto nuovamente un gran parlare di quote latte e di lavoratori extracomunitari che servono come l'acqua per le nostre campagne: argomenti importanti e sacrosanti, ma che non esauriscono la questione agricola italiana. Così come - purtroppo - non bastano i prodotti tipici, che pur significano un rispettabile valore produttivo pari a oltre 3 miliardi di euro. Ci vuole dell'altro. Come l'applicazione della legge di Orientamento, che dà facoltà agli Enti Locali di attivare "contratti territoriali" con i contadini per azioni di manutenzione del territorio. Ma occorre soprattutto la capacità di mettere davvero a frutto - in termini di rafforzamento strutturale e competitivo - il fiume di finanziamenti europei che in questi anni sono comunque giunti alle campagne nostrane. Specialmente al Sud - che ha una delle agricolture più forti del Mediterraneo - di cui Confagricoltura ha da tempo denunciato il rischio di vedersi sfumare sotto gli occhi fondi preziosi per i propri investimenti. E' possibile, dunque, pensare alla nostra agricoltura come ad un settore in mezzo ad un guado: alle spalle la terra ormai lasciata, davanti agli occhi una riva che rischia di diventare un miraggio che si allontana sempre di più e infine svanisce.